Il governo tranquillo, ma l’Europa in pressing

IL COMMENTO. La premier Giorgia Meloni sorvola le zone alluvionate dell’Emilia Romagna accompagnando la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Al suo fianco, oltre al capo della Protezione civile, il governatore Stefano Bonaccini su cui nella maggioranza si è aperta una discussione non priva di toni aspri: benché la circostanza sia stata smentita dalla stessa premier durante la conferenza stampa di ieri, è un fatto che la Lega non vuole che l’esponente del Pd gestisca la ricostruzione post-alluvione (i cui fondi ammonteranno a parecchi miliardi) mentre Meloni non avrebbe nulla in contrario, anzi.

«Ha troppi incarichi» dice un esponente del partito di Salvini che ufficialmente smentisce le ricostruzioni giornalistiche senza tuttavia poter nascondere il fatto che la nomina del commissario ancora non arriva a diversi giorni ormai dall’avvenuta emergenza. Difficoltà della vita di coalizione tra partiti concorrenti, insomma. Che comunque una loro quadra per ora l’hanno sempre trovata: come sulla Rai, dopo mesi di trattative, FdI e Lega, con il concorso di Forza Italia, hanno raggiunto l’equilibrio nel rimescolare il vertice di viale Mazzini. Devono piuttosto affrontare l’offensiva politico-mediatica della sinistra (non del M5S che, nei fatti e senza dichiararlo, ha collaborato con la maggioranza in cambio di una fetta del potere aziendale) che parla di occupazione e di una «Tv-Meloni» che mortifica il pluralismo.

Il caso del giorno sono le dimissioni, dopo quelle di Fazio, di Lucia Annunziata, uno dei volti più autorevoli della Tv di Stato. La Annunziata, che della Rai è stata anche presidente, se ne va - dice - per non essere «ostaggio della destra», e intenzionalmente intende fare più rumore possibile. Ma alla sua fuga potrebbe aggiungersi quella di altri giornalisti importanti come Corrado Augias e Massimo Gramellini. Nel frattempo Fiorello fa sapere che Amadeus «potrebbe non condurre il prossimo Sanremo», cosa che mette subito in fibrillazione gli investitori pubblicitari e provoca la smentita della Rai. Vedremo. Giorgia Meloni non sembra preoccuparsene più di tanto anche se certo non gradisce questo nuovo elemento di tensione con l’opposizione proprio mentre le cose sul piano europeo si vanno complicando. Ieri Paolo Gentiloni è tornato a «consigliare» al governo (ma è sembrato un avvertimento) di ratificare il Mes sia pure dichiarando che l’Italia non ha alcuna intenzione di usarlo.

Ormai siamo rimasti l’unico Paese a non aver sottoscritto la riforma del cosiddetto «Salva-Stati» ed è fallito il tentativo del ministro Giorgetti di scambiare la ratifica con qualche concessione sull’attuazione del Pnrr. Dove i problemi sono tanti e stanno addirittura peggiorando, se è vero che ci si è messo anche il Fondo Monetario a rimproverarci e a chiederci di eliminare le lentezze e le contraddizioni che sono ormai sotto gli occhi di tutti. Certo, il ministro Fitto si ribella e dice che si procede nel miglior modo possibile ma da quel che si capisce, la nostra capacità di spesa dei fondi europei si è deteriorata più del previsto (anche rispetto al governo Draghi): chiediamo flessibilità, deroghe e proroghe mentre non si capisce se siano davvero a rischio le nuove rate (19 miliardi) che sono ansiosamente attese da Bruxelles.

Anche in questo caso Meloni ostenta tranquillità nello spiegare al Festival dell’economia di Trento la sua linea economica centrata sulla riforma fiscale e il taglio del cuneo fiscale sul lavoro da rendere più incisivo e strutturale. Peccato che la flat tax, il cavallo di battaglia della Lega di Salvini, sia stata ancora una volta criticata dall’Ufficio parlamentare del bilancio secondo il quale la «tassa piatta» penalizzerebbe i redditi medi e non rispetterebbe la progressività dell’imposizione prescritta dalla Costituzione.

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