Il riscatto dell’Africa, opportunità per l’Europa

Geopolitica. Nell’ultimo vertice europeo di Bruxelles di dicembre 2022 Giorgia Meloni è riuscita a porre il tema della centralità della politica mediterranea. Tutti hanno dovuto convenire che verso il continente africano occorre muoversi con una voce sola.

La questione africana parla alle nostre coscienze ma anche alla politica. Nello spazio di poco più di una generazione dal 1990 ad oggi chi vive sotto la soglia di 1,90 dollari al giorno è passato dal 37% al 10% dell’dell’umanità. Il livello di povertà è certamente ancora basso e lunga è anche la strada da percorrere ma è un fatto che soprattutto in Asia il grande balzo è stato compiuto. I grandi flagelli che hanno nei secoli segnato l’umanità, la carestia, la malnutrizione, le catastrofi naturali colpiscono ancora solo e quasi esclusivamente l’Africa. E non è colpa dei suoi abitanti. Il colonialismo ha distrutto il tessuto culturale primario delle popolazioni, ne ha stravolto i costumi e gli equilibri economici e sociali. Alla fine quando le nazioni occidentali si sono ritirate hanno lasciato le macerie di un’identità etnica, culturale, linguistica sconvolta dalla cultura predatoria di chi ha visto nel continente nero solo occasione di sfruttamento minerario e di schiavismo. Il luogo dove agli albori del vivere l’umanità ha segnato i primi passi è stato diviso in tanti Stati artificiali con confini arbitrari.

Alla fine si sono trovati a dover convivere etnie tra loro sconosciute o rivali e ci sono voluti decenni per raggiungere un equilibrio fra le fazioni che mettesse un argine all’endemica guerra civile. Questa è l’Africa che affronta il nuovo millennio e lo fa sotto la sfida del cambiamento climatico. Un cambio di paradigma che penalizza i territori, che porta con l’innalzamento delle temperature alla desertificazione e quindi alla mancanza di acqua, di cibo e alla moria del bestiame. Gli effetti di queste piaghe le viviamo in Europa con il flusso dei migranti. Gente che sfida il destino con la forza della disperazione perché non ha ormai nulla da perdere. Ma accanto a miseria, fame e paura cresce anche l’attenzione di chi ha causato loro molti mali e che ora li poterebbe aiutare; 49 delegazioni di Stati africani sono state ricevute alla Casa Bianca dal presidente Joe Biden.

Tema dell’incontro l’offerta degli Usa per un seggio come Unione africana nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu unita alla possibilità di diventare membro del G20 in formato G21. All’atto di benevolenza si associa il calcolo politico. La Cina con lungimiranza guarda all’Africa da tempo. Non c’è Paese africano che non abbia aperto le porte agli investimenti delle multinazionali cinesi: strade, ferrovie, dighe collegamenti digitali tutto aiuta la penetrazione del dragone, 11miliadi e mezzo di dollari nel 2021 e solo negli Stati del sub Sahara. Agli americani è parso chiaro che di questo passo gli occidentali sarebbero esclusi dagli affari. E stiamo parlando dell’oro multicolore delle terre rare, quei minerali dal cobalto al litio senza i quali il fotovoltaico, le pale eoliche e soprattutto i computer e i cellulari si estinguono.

Il potenziale dell’Africa è grandissimo e la crescita si misura già nel fatto che il prodotto interno lordo africano dal 2010 al 2027 raddoppia per arrivare a 4.228 miliardi di dollari. Sempre poco ma in chiara tendenza. Tocca all’ Italia sul fronte sud fare da apripista e condividere con l’Africa le energie rinnovabili. Lo sviluppo dei territori passa per la tecnologia e in Egitto, Nigeria, Kenya e Sudafrica le start up sono ormai di casa. La penisola italiana è un grande ponte verso il centro Europa. Una dimensione strategica che il governo italiano sta cogliendo e che con Mario Draghi ha posto a suo tempo con vigore in sede europea. Una cosa tuttavia bisogna capire: l’ Africa ha troppo sofferto per colpa delle potenze occidentali perché non se ne tenga conto. Nessun pranzo è a gratis e men che meno con chi la fame ancora la patisce.

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