L’Europa con Kiev, un posto al summit in Alaska

MONDO. Il contro summit online di Berlino prima del vertice in Alaska. L’Europa appoggia in pieno l’Ucraina: alle sue spalle non possono essere stretti accordi.

In caso di tregua permanente, allora sì, potrebbero essere ammorbidite le sanzioni Ue contro la Russia. Trump e Putin sono stati così avvisati in vista del loro bilaterale di domani notte in una base militare nei pressi di Anchorage. Alla video-conferenza, durata circa un’ora, a cui hanno partecipato Volodymyr Zelensky e i leader del Vecchio continente, il «tycoon» ha spiegato le sue intenzioni: ossia arrivare velocemente ad una tregua per fermare l’insensato spargimento di sangue. Trump, da quanto è stato riferito, vuole soprattutto guardare Putin negli occhi per rendersi conto personalmente se il capo del Cremlino intende realmente giungere alla pace o se sta cercando soltanto di guadagnare tempo. Gli europei con una voce sola - e questo è un grande risultato - gli hanno ripetuto che «tutto quanto riguarda l’Ucraina venga discusso con l’Ucraina». Il cancelliere tedesco ha confermato che, da parte Ue, non vi saranno riconoscimenti legali di passaggi territoriali che minino la sovranità e l’integrità dell’Ucraina. In pratica: esistono linee rosse che non potranno essere superate in alcun caso. E queste riguardano anche solide garanzie di sicurezza per Kiev, che dovrà avere Forze armate in grado di difendere efficacemente il Paese.

Cosa dice la Storia

Non si dimentichi il precedente del 1994. In ottemperanza al memorandum di Budapest, l’Ucraina consegnò alla Russia - sotto pressione occidentale - l’arsenale nucleare, ereditato dall’Urss, in cambio del riconoscimento della propria sovranità e dell’integrità territoriale da parte del Cremlino. Sappiamo tutti come è andata a finire. Zelensky, e lo ha sostenuto anche ieri, è ancora convinto che l’unico modo di mettere al sicuro la sicurezza nazionale sia l’adesione di Kiev alla Nato. Uno scenario questo che oggi appare invero difficile da realizzare.

È vero, ad Anchorage gli europei non sono stati invitati, ma sono loro ad avere sempre la «golden share» di questa crisi, poiché nel 2022 Putin si è dimenticato parte delle sue riserve valutarie in Ue e Mosca non può fare a meno del mercato continentale dell’energia. Per gli europei la questione ucraina è diventata esistenziale. È passata la linea: oggi Kiev, domani chissà Tallinn o Varsavia? Quindi nessuna concessione a Putin.

La trattativa con il Cremlino

Le presenti sono solo le prime fasi di una complessa trattativa con il Cremlino a più livelli. Appunto, tregua con Kiev, sanzioni internazionali, ritorno della Russia sui mercati energetici europei. Trump, che ha ottenuto apprezzamenti dagli alleati del Vecchio continente per il suo intento pacificatore, vorrebbe risolvere la questione in breve tempo.

Non chiare sono, invece, le intenzioni di Putin. Sul piano militare le truppe russe stanno sì avanzando in Donbass, ma i confini amministrativi della regione sono ancora lontani e l’autunno si avvicina. Inoltre, con la recessione alle porte, la situazione economico-finanziaria di Mosca peggiora velocemente. L’agenzia Bloomberg sostiene che una delle maggiori banche del Paese è in brutte acque per aver perso enormi crediti concessi a compagnie ora fallite. In sei mesi il governo russo ha registrato un deficit di bilancio pauroso - circa 50 miliardi di euro - e alla fine dell’anno, se va avanti così, i miliardi da trovare per colmare il buco potrebbero essere addirittura 100. Ecco, quindi, che se Cina e India dovessero smettere di comprare petrolio russo, per le sanzioni di Trump, il Cremlino si troverebbe nei guai.

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