
L'Editoriale
Domenica 07 Settembre 2025
L’Ucraina smembrata e il «nuovo» ordine
MONDO. L’intervento di Putin all’Eastern Economic Forum di Vladivostok e le risposte europee.
Intervenendo all’Eastern Economic Forum di Vladivostok, Vladimir Putin ha dichiarato che «se delle truppe dovessero comparire in Ucraina, soprattutto ora durante i combattimenti, partiamo dal presupposto che saranno obiettivi legittimi». Del resto in oltre tre anni dall’inizio dell’invasione su larga scala, per il Cremlino sono stati «obiettivi legittimi» anche 2 milioni di edifici e di infrastrutture civili danneggiate o distrutte (il dato è dell’Onu) provocando la morte di migliaia di ucraini. Per il quarto anno di fila, l’1 settembre l’anno scolastico è ripreso fra allarmi antiaerei ed evacuazioni nei rifugi interrati, obbligatori anche per le scuole. Secondo l’organizzazione non governativa «Save the Children», 400mila bambini e adolescenti tra i 6 e i 17 anni dal 2022 hanno trascorso 580 giorni senza entrare in classe. Ad oggi l’esercito russo ha bombardato, sempre secondo l’Onu, 1.922 scuole, 174 istituti superiori e 196 professionali. Ma anche gli operatori umanitari sono nel mirino: giovedì scorso nelle campagne di Novosilivka un missile russo Iskander ha ucciso due sminatori del Danish refugee council, ong danese presente in Ucraina (il 30% del territorio è minato) dal 2014.
Putin e i «Volenterosi»
Eppure nell’ambito delle negoziazioni avviate meritoriamente da Donald Trump dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, Putin pretende di dettare le condizioni di sicurezza dello Stato che ha smembrato già dal 2014 con l’annessione militare e illegale della Crimea, mentre ha intensificato i bombardamenti. Il presidente Usa ha cancellato gli ultimatum intimati al Cremlino, che rifiuta un cessate il fuoco chiedendo di risolvere le «cause profonde del conflitto». Le parole dello zar sulle truppe straniere «obiettivi legittimi» sono arrivate dopo la riunione dei cosiddetti «Volenterosi» giovedì a Parigi, dove è emersa la disponibilità di 26 Paesi (in netta maggioranza europei, più Giappone, Australia, Canada e Turchia) dei 45 che sostengono Kiev a partecipare alle garanzie di sicurezza per l’Ucraina, con l’invio di soldati da parte dei Paesi Baltici e della Francia, dopo la sigla di un accordo di chiusura della guerra (un particolare che va ribadito, vista la confusione sul tema che regna nel dibattito pubblico, per malafede o ignoranza). Nel vertice è stato precisato che ogni partner sceglierà le proprie modalità di contributo.
Il destino dei territori
Il nodo dell’accordo riguarda ovviamente anche il destino dei territori. Negli ambienti politici ucraini non si discute più di integrità territoriale ma di sovranità sull’82% delle proprie terre, il 18% perso non verrebbe riconosciuto agli invasori definendo lo status come congelato. Mosca considera quel 18% già proprio dal settembre 2022 e ha modificato la Costituzione dichiarandolo incedibile (non restituibile…) per sempre. Ne controlla militarmente il 70% e Kiev già dal 2014 vi ha costruito barriere difensive per evitare sfondamenti russi verso il Nord e il Centro del Paese. Senza considerare che si tratta di territori abitati dove è in corso una campagna di russificazione forzata (carcerazioni arbitrarie, torture, sparizioni, perdita di lavoro, dell’assistenza sanitaria e di proprietà per chi non prende la cittadinanza degli invasori) che non potrà mai essere legalizzata perché viola il diritto internazionale.
Tra Ucraina e Gaza
Certo stride la politica dell’Europa per l’Ucraina rispetto a quella per Gaza. Il cambiamento di confini di un Paese sovrano attraverso un intervento militare esterno non avviene dalla Seconda guerra mondiale e sta avendo effetti destabilizzanti nell’Europa centro orientale, nelle paure dei suoi abitanti che a larga maggioranza non vogliono vivere in «sfere di influenza» russe. Ma salvo eccezioni (il nuovo riconoscimento dello Stato palestinese da parte di Francia, Gran Bretagna e Belgio, l’embargo parziale sulla vendita di armi a Israele decretato dalla Spagna) alle parole di condanna della barbarie in atto nella Striscia non sono seguiti fatti. L’Ue non trova l’unanimità necessaria per prendere decisioni che non la rendano almeno complice dei massacri a Gaza e della definitiva colonizzazione della Cisgiordania, di inaccettabili espulsioni di un popolo. Ci sono però doppi standard anche nelle opinioni pubbliche: in Italia la causa ucraina gode di un consenso ormai minoritario, con letture che colpevolizzano addirittura Kiev per le sue legittime scelte di sganciamento dall’orbita di Mosca rifiutando un rapporto di vassallaggio. Da notare che fra le «cause profonde del conflitto» il Cremlino non indica l’adesione alla Nato di Stati confinanti (i Baltici) o prossimi e non ne chiede l’uscita dall’Alleanza atlantica. Del resto ci sono dichiarazioni pubbliche di Putin del 2022 nelle quali avallava gli ingressi di «Paesi sovrani»: altri tempi.
Gli equilibri geopolitici sono cambiati e avanza la richiesta giusta di un nuovo ordine mondiale multipolare, ribadita nel recente vertice in Cina. Però Pechino, Iran e Corea del Nord appoggiano politicamente e militarmente la guerra di smembramento dell’Ucraina e a Gaza nelle dichiarazioni finali del summit sono state dedicate generiche considerazioni: la condanna degli «atti che hanno causato vittime civili» e l’appello per un «cessate il fuoco completo e duraturo e un accesso senza ostacoli agli aiuti umanitari». Del resto la Cina è il primo esportatore di beni verso Israele e la Russia il quarto. Per ora nulla di nuovo.
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