Realtà più forte della propaganda

Le notizie che arrivano dal fronte del conflitto russo-ucraino, vengono etichettate come propaganda a seconda delle posizioni ideologiche assunte dalla tifoseria nata purtroppo intorno alla guerra. Accade negli inguardabili talk show che degenerano in liti ma anche nei social. Una brutta contesa che non si ferma nemmeno di fronte alla tragedia delle stragi, al dolore delle persone.

C’è chi mise in dubbio anche la veridicità dell’eccidio di Bucha, nonostante le testimonianze dei sopravvissuti, con diverse tesi: chi scrisse di operazione dell’esercito ucraino in combutta con i servizi segreti britannici, chi di corpi portati sulla strada fino all’incredibile cinismo dei manichini invece dei cadaveri. Il presidente russo Vladimir Putin un mese fa disse di avere le prove che la strage non era stata opera dei suoi militari, prove mai mostrate. Intanto però un’inchiesta del «New York Times» ha reso pubblico un video che documenta come paracadutisti di Mosca abbiano giustiziato almeno 9 ucraini nel sobborgo di Kiev. Il fatto che inchioda il Cremlino alle sue responsabilità è stato certificato grazie a una telecamera di sicurezza e a un testimone in una casa vicina. Un’ulteriore conferma arriva dalle immagini di un drone girato il 5 marzo. Inoltre l’organizzazione non governativa «Human Right Watch», impegnata nella tutela dei diritti umani, durante una missione sul posto aveva già raccolto prove di esecuzioni sommarie, torture, deportazioni forzate e scuole usate come postazioni di tiro sui cittadini. A fornire una narrazione distorta dell’eccidio (460 corpi ritrovati in fosse comuni) sono state le istituzioni moscovite attraverso i canali social, in particolare Telegram, diffondendo la teoria del complotto ideata dal falso sito di fact-checking (verifica dei fatti) russo «Guerra ai falsi».

Un’altra vicenda bollata come propaganda fu il bombardamento dell’aviazione russa del teatro di Mariupol, dove si erano rifugiati cittadini in fuga dalla città poi conquistata da Mosca. Il governo di Kiev annunciò la morte di 1.300 persone - dalla stima della capienza dell’edificio, tra sala e sotterranei - ma i giornali cosiddetti «mainstream» da chi li detesta riportarono correttamente la cifra tra virgolette attribuendola alla fonte istituzionale. Quando i militari occupanti iniziarono a rimuovere le macerie, il Cremlino annunciò che non c’erano vittime nel teatro. Ancora i droni che sorvolano i cieli del Paese però hanno individuato movimenti di camion che hanno trasportato centinaia di cadaveri dall’edificio distrutto in fosse comuni. Le tecnologie, come appunto i droni, rendono oggi meno incidente la citazione attribuita ad Eschilo secondo la quale «la prima vittima di una guerra è la verità».

Una terza tragedia finita al centro di polemiche fu il bombardamento di un ospedale pediatrico a Mariupol. Il Cremlino parlò di una messa in scena, di un set allestito dagli ucraini per colpevolizzare Mosca. La Bbc, attraverso una dettagliata inchiesta, ha ricostruito l’accaduto, confermando il raid.

Anche il governo di Kiev fa propaganda, ad esempio quando ha diffuso il numero dei soldati russi uccisi in quasi tre mesi di conflitto: 27.250. Una cifra che appare gonfiata. Ma la «macchina da guerra» (è il caso di dirlo) allestita dagli uomini di Putin è imparagonabile a quella ucraina. Sul web è stato dimostrato come l’inizio dell’invasione è coinciso con l’aumento esponenziale di utenti iscritti a Twitter (38mila il giorno dei primi bombardamenti) e a Facebook. Sono per lo più «bot», profili fittizi gestiti da computer che hanno il solo scopo di veicolare certe «notizie». Servono ad alimentare le cosiddette «camere dell’eco», pagine e canali Telegram dove ogni complottismo e scetticismo trova terreno fertile grazie a notizie artatamente falsificate e messe in circolo. Per esempio: il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che parla davanti a un tavolo colmo di cocaina. Cinque sono le pagine Facebook e tre i canali Telegram che sembrano più organizzati. Insieme fanno quasi un milione di utenti italiani che quotidianamente vengono raggiunti da false notizie: in Europa siamo un caso. Una pagina è la stessa che raccoglie fondi per sostenere i neofascisti Giuliano Castellino e Roberto Fiore, in carcere per la devastazione della sede della Cgil a Roma durante una manifestazione no pass. In un’altra sono attivi vecchi esponenti dei 5 Stelle, ora fuoriusciti.

Nelle tv italiane invece opinionisti che lavorano per il Cremlino vengono chiamati a offrire il proprio punto di vista. Nadana Fridrikhson, giornalista della tv «Zvezda», Petr Fedorov, capo di «Rtr», canale riconducibile alla televisione di Stato russa, e Julia Vitazyeva, giornalista di «NewsFront». Operano tutti per media direttamente o indirettamente (per il tramite dei direttori) sotto sanzione in Europa proprio perché accusati di propaganda e dunque strumento di guerra ibrida per Putin. Una macchina potentissima. Ma la realtà prima o poi viene a galla. Basta darle tempo.

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