Vaccinazioni, dagli hacker un’azione
criminale

Sull’attacco hacker al sito istituzionale della Regione Lazio indaga la Procura di Roma. Ma si tratta di un’azione più simile a una guerra che a una rapina o un sequestro d’altri tempi, pur con tecniche postmoderne. In tale azione possiamo cogliere elementi di terrorismo, oltre che di ricatto criminale e ovviamente accesso abusivo ai sistemi informatici, come dice la legge. In realtà si tratta di un evento talmente nuovo e sofisticato che non basta nemmeno il nostro codice penale. Un’offensiva criminosa, come ha detto il governatore Zingaretti, che probabilmente non sarà l’ultima e che ci scaraventa dentro l’ennesima conseguenza nefasta della globalizzazione.

Il «mondo tutto attaccato» ci impedisce di reagire adeguatamente, i confini internazionali diventano di pasta frolla, i metodi di investigazione antiquati, i tempi svaniscono di fronte a blitz digitali che hanno la velocità di un lampo. Solo la forza del male e gli obiettivi criminosi restano gli stessi.

Ma perché si tratta di terrorismo? Perché si cerca di destabilizzare un sistema, in questo caso un ente amministrativo complesso come la Regione Lazio, e dunque, alla fine lo stesso Stato, per poi ricattarlo. Gli hacker hanno colpito nel punto più delicato e nevralgico di un Paese: il data base delle vaccinazioni, nel momento più cruciale di lotta contro la pandemia, quasi i criminali si fossero alleati con il Covid, per incutere ancor più paura. Le fabbriche che producono i sieri sono stati messe in sicurezza e sono sotto il controllo dell’esercito e dei servizi segreti. Ma nessuno immaginava che si arrivasse al centro prenotazioni delle immunizzazioni. Non si tratta di una bravata gentile. C’è gente che rischia di morire di fronte alla sottrazione dei dati e al ritardo inevitabile delle vaccinazioni.

Il terrorismo non è solo piazzare bombe devastanti ma sorprendere qualsiasi governo per impaurirlo, per mostrare tutta la sua debolezza. Dal tritolo ai computer, in fondo ha sempre utilizzato le tecnologie più sofisticate, magari a dispetto della sua propaganda retriva, come quella del fondamentalismo islamico. In questo caso si è parlato di addentellati con la galassia no-vax (finora si sa solo che l’attacco proviene dalla Germania) ma sono supposizioni prive di qualunque prova, buone per gli sceneggiatori del prossimo film di 007, con una Spectre che dà l’assalto informatico al sistema internazionale di immunizzazioni.

Clausewitz, parafrasandolo, direbbe che gli attacchi informatici sono la prosecuzione della guerra con altri mezzi. Naturalmente i governi corrono ai ripari. La Gran Bretagna nel 2015 ha messo in atto una vera e propria brigata specializzata per rispondere agli attacchi. Iniziative analoghe le hanno prese Stati Uniti e Russia, che però è accusata in molti casi di fomentare il fenomeno o addirittura di aver creato dei gruppi di hacker al servizio in ultima istanza del Cremlino che si muovono nel cyberspazio, come i «freicorp» tedeschi dopo la prima guerra mondiale, o come facevano i «corsari» al servizio della Regina d’Inghilterra nel ‘700, autorizzati ad assalire e rapinare le navi mercantili delle nazioni nemiche in cambio di una parte del bottino. Per questo non basta certo la Polizia postale italiana o la Criminalpol per fronteggiare un nemico del genere. Siamo in guerra, anzi in cyber guerra. Un conflitto immateriale, che sorvola qualunque confine politico o naturale, ma non meno pericoloso e devastante. Cui non si può rispondere nemmeno con aerei o carrarmati ma con sofisticatissime tecnologie militari internazionali.

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