Ue, la corsa al riarmo e il no del Papa in solitudine

MONDO. L’avvertimento è perentorio, risposta inflessibile alle parole del Commissario europeo Ursula von der Leyer e al mantra ormai comune della necessità di aumentare le spese militari per garantire pace e sicurezza all’Europa. Papa Francesco ieri all’Angelus ancora una volta si mette di traverso e indica ostinatamente l’unica direzione possibile, cioè quella contraria: «Il disarmo è un dovere morale».

Nessun distinguo, nessuna mediazione possibile, nessuna apertura a chi ritiene che il dovere sia invece quello di armarsi un po’ di più. In Europa da qualche giorno circola una bozza di un documento che prevede investimenti maggiori nel comparto militare industriale con acquisti congiunti, esenzioni fiscali, progetti comuni tra i Paesi membri per rafforzare la difesa. Lo schema è quello proposto per vaccini e forniture di gas, risorse straordinarie aggiuntive in un comparto già floridissimo per investimenti pubblici e privati e che non conosce assolutamente alcuna crisi. Ursula von der Leyen, in corsa per la riconferma ai vertici di Bruxelles, ha chiamato in causa perfino la Banca europea per gli investimenti e per l’industria militare e la finanza armata le sue parole sono miele.

La nuova strategia che l’Unione svelerà questa settimana indica priorità e insieme una direzione politica su cui puntare per recuperare la crescita nell’Ue, con il ruolo decisivo del traino dell’industria più odiosa, ma l’unica con numeri da performance assoluta. Le parole di Francesco non sono nuove, ma pronunciate adesso sulla soglia della campagna elettorale più cruciale della storia dell’Unione non lasciano dubbi sulla preoccupazione della Santa Sede. Alla von der Leyen si stanno accodando tutti. Nessuna meraviglia. C’è il nostro Ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha un passato di principe consulente nel settore militare industriale e ripete ogni giorno il ritornello delle spese militari da aumentare, ma c’è anche Raphael Glucksmann, leader della sinistra francese (ex pacifista), a convenire sull’economia della guerra, quella dove le spese per la sicurezza hanno la priorità rispetto a quelle per il welfare. Tutti agitano lo spettro della vittoria di Donald Trump alle prossime elezioni Usa e la prospettiva che l’America trumpiana esca dalla Nato, per cui il «dovere morale» dell’Ue sia il riarmo senza più alcuna remora. Bergoglio, solitario, dice il contrario e cioè che facilitare la produzione e il commercio delle armi non è affatto un deterrente, ma una facilitazione all’estensione dei conflitti. Gli americani sono maestri nel campo. Il «Wall Street Journal» ha scritto ieri che Washington ha contestualmente fornito 21 mila proiettili di precisione all’esercito israeliano e paracadutato 38 mila pasti già pronti sulla Striscia di Gaza.

Insomma facilitare i conflitti e metterci accanto una pezza sdrucita di elemosina umanitaria. Le guerre in Ucraina e a Gaza hanno sbaragliato ogni remora morale al punto che a novembre i ministri della Difesa europei hanno fatto una capriola al tempo della Guerra fredda spiegando che il rafforzamento dell’industria della Difesa contribuisce alla pace. Così il valore delle azioni delle imprese di guerra è schizzato alle stelle. In Europa l’indice che le misura, lo Stoxx, è aumentato del 50% nel 2023 e chi negli anni scorsi aveva deciso di non investire più nel settore della Difesa ha fatto retromarcia. Il profumo dei soldi incanta quasi tutti e il mercato della morte è il più redditizio. Spiegare, come fa il Papa, che il disarmo è un dovere morale vuol dire semplicemente convincersi che il primo nemico della pace è il denaro. Il resto è solo sciocca illusione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA