Droga e giovani, cure al via troppo tardi: «Al Serd arrivano anche dopo 7 anni»

L’ ALLARME. In un anno presi in carico 3.222 pazienti. Oltre il 28% segnalati dalle forze dell’ordine, ma anche dalle famiglie. Riglietta (Serd): «Intercettare precocemente per scongiurare la cronicità e abbreviare i trattamenti».

Più il tempo passa, più la situazione s’aggrava e più è difficile superarla. Sta in questa evidenza, certo nota ma ancora poco scalfibile, la chiave per uscire da una dipendenza. La «latenza», come la chiama Marco Riglietta, direttore del Servizio Dipendenze (Serd) dell’Asst Papa Giovanni XXIII e vicepresidente nazionale di Federserd, è infatti spesso lunga: «I dati ufficiali ci dicono che per le sostanze stupefacenti si arriva in trattamento ai servizi in media a 6-7 anni dopo il primo “incontro” con una sostanza stupefacente». Viceversa, agire tempestivamente è decisivo. In particolare per quanto riguarda i giovani: è di pochi giorni fa l’allarme emerso dai datti della polizia locale, con 333 ragazzini (dai 12-13 anni fino ai 17) sorpresi dagli agenti appiedati a consumare stupefacenti e, di conseguenza, la firma in Prefettura di un protocollo tra Comune e forze dell’ordine per il «Progetto scuole sicure», che mira a intensificare i controlli nelle aree attorno a 16 istituti superiori cittadini.

I numeri

Nel 2024 il «Papa Giovanni» ha preso in carico 3.222 pazienti («Numeri sostanzialmente stabili», chiarisce Riglietta), con 4.198 «diagnosi specifiche attive», cioè disturbi da dipendenze (è frequente una «polidipendenza», cioè relativa ad almeno due ambiti): cocaina (18,22% dei casi), oppiacei (17,65%) e alcol (17%) disegnano in maniera praticamente paritaria la graduatoria delle dipendenze più ricorrenti, ma c’è anche un’altra voce rilevante,

quella del 28,41% di utenti che non ha una specifica diagnosi. Che significa? «Sono persone che hanno un consumo di sostanze senza ancora i criteri di dipendenza – risponde Riglietta -, ma giungono ai nostri ambulatori perché segnalati dalle famiglie, che si rendono conto di un problema che va aggravandosi, oppure dalle “commissioni patenti” a seguito di una positività all’alcol o alla droga durante la guida, o ancora perché segnalati dalle forze dell’ordine». E non di rado, in queste ultime casistiche, si ritrovano anche dei giovanissimi, come emerso nei giorni scorsi dall’«alert» della Prefettura, con i 333 ragazzini sorpresi dalla polizia locale di Bergamo a consumare stupefacenti.

«Intercettare precocemente vuol dire avere trattamenti più brevi – rimarca Riglietta -, e che portano a una soluzione del problema e non della cronicità. La maggior parte dei nostri utenti – prosegue il medico – ha percorsi della durata di uno o due anni, ma c’è una quota che rimane in

Affrontare una dipendenza è un cammino completo e multidimensionale, che unisce l’affiancamento psicologico a una terapia con medicinali

carico per decenni. L’esito è molto variabile: per l’uso degli oppiacei abbiamo farmaci molto efficaci e gli abbandoni (chi fuoriesce dalla terapia prima del completamento, ndr) sono inferiori al 10%; se parliamo di gioco d’azzardo, dove non ci sono farmaci efficaci, l’abbandono sale al 30%». Affrontare una dipendenza è un cammino completo e multidimensionale, che unisce l’affiancamento psicologico a una terapia con medicinali: «Il 50% delle persone che assistiamo assume una terapia farmacologica – continua Riglietta -, che può essere metadone, ma anche molto altro: il 20% arriva a utilizzare ben oltre le 5 molecole (principi attivi di medicinali diversi, ndr), perché oltre alla dipendenza possono esserci anche patologie psichiatriche o internistico-infettivologiche». In un paziente su tre (33,8%, ma anche qui l’incidenza è ritenuta sottostimata) sono infatti presenti comorbilità, e le più diffuse sono le malattie sessualmente trasmissibili (15,3% dei pazienti), le endocrine o nutrizionali (6,3%) e quelle cardiocircolatorie (6,2%).

Disagi e competenze

Molte volte, l’uso di sostanze si salda ai disturbi della sfera mentale. Per alcune persone è la dipendenza a portare alla patologia psichiatrica, per altri il percorso è inverso e la patologia psichiatrica conduce all’uso di droghe. Sempre in relazione a un campione di quanti sono stati seguiti dai SerD del «Papa Giovanni» (che sono due: quello in Borgo Palazzo e quello legato al carcere) nel 2024, circa uno su quattro ha manifestato «diagnosi psichiatriche associate ai disturbi di addiction», ed è, precisa Riglietta, «un dato sicuramente sottostimato».

Il «mondo delle sostanze» è attraversato da cambiamenti rapidissimi e profondi: le nuove molecole che s’affacciano continuamente sul mercato, le versioni sintetiche (e più potenti) di droghe «classiche», i farmaci che vengono usati impropriamente sino a diventare merce da spacciare. In questo scenario, anche l’assistenza è chiamata a un salto di qualità. «C’è una questione grossa – è il richiamo di Riglietta -. Andrebbe creata una scuola di specialità, perché questo consentirebbe di avere professionisti meglio formati per approcciarsi alla disciplina e ai pazienti». Non esiste infatti, per i medici, una vera e propria specializzazione in dipendenze; chi opera nel Serd è solitamente uno psichiatra, non un «puro» esperto di droghe (o alcol) e dei loro effetti. «Come Federserd – racconta Riglietta – siamo l’unico ente che fa una formazione mirata, attraverso un master online che raccoglie 140 iscritti ogni anno. Raccontiamo le dipendenze partendo dall’epidemiologia al trattamento, passando per la neurobiologia. Specializzarsi vuol dire poter leggere meglio i cambiamenti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA