Delitto di Mapello, i legali di Perico: «Uno scatto d’ira, si sta rendendo conto ora»

IN CARCERE. Il pensionato di 61 anni è in cella da sabato con l’accusa di omicidio volontario, gli avvocati lo hanno incontrato anche mercoledì: «Era convinto di aver subito un’ingiustizia sul capannone». L’amica di Stefania Rota: «Con Ivano avevano ripreso a parlarsi la scorsa estate».

Un omicidio «d’impeto», commesso da un uomo «arrabbiato per un’ingiustizia che riteneva di aver subito». Gli avvocati Piero Pasini e Stefania Battistelli hanno incontrato anche ieri il loro assistito Ivano Perico, accusato dell’omicidio volontario della cugina in secondo grado Stefania Rota, 62 anni. Il pensionato di 61 anni è in carcere da sabato. E viene descritto come un uomo «in difficoltà», che «sta realizzando la gravità del fatto». Martedì, in sede di interrogatorio di garanzia, ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Ma «sicuramente parlerà con il pm Letizia Ruggeri», ha assicurato l’avvocato.

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Gli stessi legali torneranno ancora da lui, per cercare di fargli chiarire alcuni aspetti dell’accaduto. Sembra ormai certo, però, che l’omicidio sia scaturito da questioni legate al capannone che divide le due abitazioni a Mapello. Perico, intanto, chiede continuamente della moglie e della figlia. Che, già nei prossimi giorni, potrebbero andare a trovarlo in carcere.

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L’omicidio a febbraio

L’omicidio, secondo la ricostruzione, risale all’11 febbraio. Il corpo di Stefania Rota, in avanzato stato di decomposizione, viene ritrovato il 21 aprile. È a terra, in salotto, nella villetta di via XI Febbraio dove Stefania Rota abitava sola. La donna, di 62 anni, indossa il cappotto e le scarpe. L’autopsia rivela più ferite. Alla testa, al volto. E anche al collo, dove sono riscontrate «fratture dell’osso ioide e della cartilagine tiroidea». Durante i due mesi di assenza le amiche si preoccupano. Provano a chiamarla, vanno a casa sua, ma nessuno risponde al citofono. Il cugino abita a poca distanza, le rassicura: Stefania è via per lavoro. La settimana prima di Pasqua racconta persino che la moglie l’aveva vista due settimane prima. «Informazioni false», le bolla il giudice Massimiliano Magliacani nell’ordinanza di custodia cautelare. La spiegazione di tale comportamento, per il gip, si può individuare «nella volontà dell’indagato di occultare la propria azione omicida». E poi c’è l’auto di Stefania, spostata più volte «sempre allo scopo di occultare la morte della donna». Per il gip «esiste il pericolo attuale e concreto che l’indagato possa reiterare delitti della stessa specie di quello per cui si procede».

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L’amica di Stefania

Ermellina Colombi è una delle amiche di Stefania che per prime si erano allarmate per la sua prolungata assenza. Erano anche andate a casa sua, trovando tutto chiuso e si erano rivolte a Ivano Perico, cugino e vicino di casa, senza sapere che probabilmente stavano parlando con il suo assassino: «Ho conosciuto Stefania cinque anni fa e con lei è nata una forte amicizia – racconta – almeno una volta alla settimana veniva a prendere il caffè da noi, restava almeno due ore a giocare con i nostri nipotini, il giorno di Natale era a casa sola, l’abbiamo chiamata ed è venuta a mangiare il panettone con noi ed è rimasta sino a sera. Verso fine gennaio ci aveva detto che forse stava via qualche mese per lavoro, ma dopo due mesi che nemmeno rispondeva al telefono mi sono decisa e il 21 aprile con mia figlia ho segnalato la sua scomparsa ai carabinieri».

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«Era una donna schiva, gentile ed educata. La sua morte è stata una tragedia e ha lasciato un vuoto in noi e non riusciamo a comprendere le cause e il perché di questa violenza. Stefania ci raccontava che da ragazza aveva frequentato le scuole di Mapello insieme al cugino Ivano, era un’amicizia d’infanzia, e dopo tanti anni avevano iniziato a parlarsi di nuovo e con lui faceva delle passeggiate in paese». Quel che è successo dopo, purtroppo, è cronaca di questi ultimi giorni.

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