«Ho improvvisato un laccio emostatico e ho salvato la vita a quell’uomo ferito»

LA TESTIMONIANZA. Stefano Vescovi, di Treviglio, due settimane fa si è imbattuto nel terribile incidente di Isso in cui un camion ha tranciato la gamba a un ciclista. «Ho seguito le istruzioni di mia moglie infermiera».

Isso

La sera, una volta rientrato a casa dopo il lavoro, i figli di 5 e 7 anni gli hanno chiesto ogni dettaglio dell’impresa. Perché il loro papà, la mattina, aveva salvato una vita. Eppure Stefano Vescovi, 40 anni, cresciuto ad Azzano San Paolo e residente a Treviglio, schiva l’etichetta di eroe. «Ho fatto solo quello che, sono convinto, chiunque altro avrebbe fatto», minimizza l’uomo che il 23 settembre ha prestato i primi soccorsi al ciclista investito da un camion a Isso . Supportato solo dalla sua prontezza, da una videochiamata e da un laccio emostatico improvvisato.

Il gesto salvavita

Quella mattina di settembre aveva appena ultimato la manutenzione di un condizionatore a Camisano e si stava dirigendo verso Bergamo, quando si è imbattuto nell’incidente. «Provenivo dalla carreggiata opposta rispetto al camion e ho visto il ciclista travolto».

Non ci ha pensato due volte: «Ho parcheggiato il furgone per scendere e valutare la situazione, mentre un altro automobilista si occupava di regolare il traffico». Davanti ai suoi occhi si è parata una scena «mai vista in vita mia, se non nei film di guerra». La gamba dell’uomo investito era stata tranciata nello scontro .

La lucidità, e forse l’istinto del trevigliese, hanno prevalso sullo choc: «Ho subito chiamato il 112, mi hanno detto di cercare di tenere sveglio il ferito e mantenerlo cosciente». Il ciclista, 62 anni, «cercava di alzarsi, parlava, mi ha detto come si chiamava e io gli raccomandavo di stare tranquillo. Non si era accorto del tutto di quanto fosse grave la situazione». Ma Vescovi sì: «Dalla coscia perdeva sangue, tantissimo. Lo vedevo sempre più stanco e disorientato, stava perdendo i sensi». Ogni secondo poteva essere decisivo: «Ho chiamato mia moglie Federica Colombo, infermiera all’ospedale di Treviglio. Con una videochiamata le ho mostrato la situazione e lei mi ha detto di bloccare l’emorragia improvvisando un laccio emostatico all’altezza dell’inguine».

«Ho usato delle corde, attrezzi di lavoro»

La risorsa vitale è stata trovata non nel kit di primo soccorso, bensì nelle attrezzature di lavoro. «Ho usato una delle corde con cui lego le bombole del gas refrigerante e l’ho stretta più che potevo. Il flusso di sangue si è fermato immediatamente». Una prontezza che, probabilmente, ha fatto la differenza tra la vita e la morte. La situazione era terribile «ma ho agito d’istinto, nella concitazione non ho neanche avuto il tempo di avere paura».

Intanto, il dialogo con il 62enne continuava, un susseguirsi di «frasi fatte e tranquillizzanti, in quei casi non si sa cosa dire. Credo però che, senza il laccio emostatico improvvisato, in un paio di minuti avrebbe perso troppo sangue per restare in vita». All’arrivo dell’ambulanza, Vescovi è tornato sul furgone e ha semplicemente ripreso la sua giornata lavorativa. «Non ho nessuna esperienza medica e una cosa del genere l’ho vista fare solo nei film, ma non ero choccato, avevo l’idea di aver fatto la cosa giusta, che avrebbe fatto chiunque». Nei giorni successivi, ammette, «ho sorriso leggendo su L’Eco del “misterioso salvatore” che aveva messo il laccio emostatico. Sono timido e non avevo alcuna intenzione di farmi avanti». L’identità ci è stata infatti rivelata dalla vicina di casa, giustamente convinta che un tale esempio meritasse di essere raccontato.

La preoccupazione di Vescovi, nei giorni successivi, è stata rivolta alle condizioni del ferito. «I familiari sono riusciti ad avere il mio numero per ringraziarmi e mi hanno detto che l’uomo investito risponde bene alle terapie». Il fratello conferma che in effetti il 62enne si trova ancora al «Papa Giovanni» e si sta pian piano riprendendo: il percorso sarà lungo, ma non è più in pericolo di vita. «Mi hanno detto che vorrà incontrarmi, quando starà meglio. Sarò felice di rivederlo, e di sapere che sta bene».

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