«Il tuo cellulare su siti per pedofili»: migliaia di euro spillati ai clienti

DALMINE. Titolare di un negozio di telefonia fingeva navigazioni proibite e si offriva di cancellare le tracce: a processo.

L’accusa è quella di aver truffato o tentato di truffare i clienti del suo negozio di telefonia, arrivando a dire ad alcuni che sui loro cellulari erano state trovate tracce di accessi a siti pedopornografici e chiedendo migliaia di euro di compensi per risolvere il problema. Gli episodi contestati sarebbero accaduti tra il settembre e l’agosto del 2019. Un 45enne, di Bonate Sopra, gestore di un punto vendita e riparazione di telefonia mobile a Dalmine, è a processo. Nega gli addebiti, ma ha chiesto la messa alla prova previo risarcimento delle parti offese. Che ieri sono state sentite dal giudice Roberto Palermo in merito alla disponibilità a essere risarcite. Processo rinviato al 24 giugno

Una delle vittime aveva versato all’imputato 17.700 euro. Secondo l’accusa il 45enne, tramite un falso sms della casa di produzione del cellulare, indicava al proprietario del telefonino che sull’apparecchio si erano registrati accessi a siti pedopornografici. L’uomo - è la contestazione - si era offerto di risolvere il problema anche con l’aiuto di un suo conoscente a fronte di una spesa di 6.500 euro, che la parte offesa aveva consegnato. In seguito il 45enne avrebbe prospettato una riproposizione del problema, spillando altro denaro alla vittima fino a raggiungere la somma di 17.700 euro.

Stesso schema con un altro cliente. Stavolta a rinforzare il piano - stando alle contestazioni - era intervenuta la telefonata di un sedicente agente della polizia postale che rimarcava l’utilizzo di siti illegali e siti pornografici, intimorendolo sulle conseguenze penali. Il cliente aveva versato in totale 6.106,50 euro.

Non era invece andata in porto la truffa a una cliente del negozio. Alla quale era giunto un sms in cui si diceva che il telefono era sotto controllo perché risultavano navigazioni in siti pedopornografici. Il 45enne - è la ricostruzione degli inquirenti - le avrebbe detto che era nei guai e s’era offerto di risolvere il problema tramite conoscenti dietro un compenso di 2.500 euro. Ma la donna si era rivolta ai carabinieri. Truffa sventata pure per un cliente cui, per il pm, il 45enne avrebbe fatto credere che sul suo cellulare erano state installate applicazioni a pagamento non richieste. Per eliminare il problema aveva chiesto 2.150 euro da versare tramite l’applicazione Mobilepay.it. Ma un dipendente delle Poste aveva messo in campana il cliente e la truffa era sfumata. Evocati accessi a siti pedopornografici anche a un altro cliente, cui il 45enne aveva prospettato che la risoluzione dei guai poteva passare solo da un legale, ma che lui poteva aiutarlo a eliminare le tracce dietro un compenso di 2.500 euro. Il cliente s’era rivolto ai carabinieri.

© RIPRODUZIONE RISERVATA