Acqua usata dall’industria: quasi 4 miliardi di metri cubi

DATI ITALIA. Tre settori usano da soli più del 40% del volume totale nazionale. Sono il settore petrolifero e chimico, la metallurgia e la gomma-plastica. Le aziende bergamasche si raccontano nell’inchiesta su «L’Eco di Bergamo» di domenica 30 aprile.

Si chiude con questa puntata l’inchiesta dedicata alla crisi climatica che L’Eco di Bergamo ha portato avanti in questi ultimi due mesi. Abbiamo affrontato il tema del crollo delle precipitazioni e dell’innalzamento delle temperature cercando di analizzarlo sotto molteplici fattori. Quello climatico, cercando di leggere il fenomeno sul lungo e sul lunghissimo periodo. Quello economico, che riguarda sia l’agricoltura che l’industria, alle prese con una risorsa che fino a pochi anni fa veniva considerata praticamente inesauribile e oggi appare sempre più incerta. La nostra rete idrica, che va tenuta sotto costante controllo. Infine, abbiamo parlato dei rimedi: non facili, non immediati, ma certamente non più rimandabili. Finita l’inchiesta, il cambiamento climatico diventa cronaca di tutti i giorni.

Secondo l’Agenzia europea per l’ambiente, «in media, alle famiglie europee vengono erogati 144 litri di acqua per persona al giorno». Ma quanta acqua consumano le industrie? Difficile dare una risposta. «La disponibilità di informazioni su prelievo e uso di acqua nell’industria è piuttosto limitata in Italia» scrive l’Istat nella sua pubblicazione (del 2019) intitolata «Utilizzo e qualità della risorsa idrica in Italia». Qualche numero però è disponibile grazie alle banche dati dei due enti citati.

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I consumi delle industrie

La stessa Agenzia europea ha infatti stimato che «le attività economiche in Europa utilizzano in media circa 243 mila ettometri cubi di acqua all’anno. Sebbene la maggior parte (oltre 140mila ettometri cubi) venga restituita all’ambiente, spesso tale acqua contiene impurità o inquinanti, comprese sostanze chimiche pericolose». L’uso totale di acqua dolce da parte dell’industria manifatturiera nell’Ue varia da 186 metri cubi per abitante nei Paesi Bassi (dati 2019) a 4 metri cubi per abitante a Cipro (dati 2020). Secondo l’Istat invece «il volume di acqua complessivamente utilizzata come input produttivo dall’industria manifatturiera nazionale si stima ammonti a circa 3,79 miliardi di metri cubi nel 2015».

«L’acqua è utilizzata dalle industrie manifatturiere con diverse finalità: per la pulizia, il riscaldamento e raffreddamento; per generare vapore; per trasportare particolati o altre sostanze; come materia prima; come solvente; come parte costituente del prodotto stesso (ad esempio, nell’industria delle bevande)»

Come venga impiegata, lo spiega direttamente l’Istituto nazionale di statistica nella sua pubblicazione: «L’acqua è utilizzata dalle industrie manifatturiere con diverse finalità: per la pulizia, il riscaldamento e raffreddamento; per generare vapore; per trasportare particolati o altre sostanze; come materia prima; come solvente; come parte costituente del prodotto stesso (ad esempio, nell’industria delle bevande)». I settori manifatturieri che consumano più acqua sono tre «utilizzando da soli più del 40 per cento del volume totale nazionale». Il primo di questi è il settore «coke, prodotti petroliferi raffinati e prodotti chimici» seguito da «prodotti in metallo esclusi macchinari» e «gomma e materie plastiche». Gli altri settori individuati dall’Istat come idroesigenti sono il tessile e gli alimentari.

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I settori

L’Istat misura anche l’indicatore «Intensità d’uso dell’acqua» (Water use intensity indicator, Wui) che fornisce una misura del volume di acqua necessario per generare un’unità di valore della produzione manifatturiera e rappresenta un fattore di pressione ambientale, poiché descrive l’azione impattante di un sistema economico sulle risorse idriche. Calcolato come rapporto fra la quantità d’acqua utilizzata in metri cubi e il valore della produzione venduta nell’anno in euro, l’indicatore rivela che nel nostro Paese, nel 2015, sono stati necessari in media 5,9 litri di acqua per ciascun euro di produzione realizzata. Confrontando i singoli settori, emerge che l’estrazione di minerali presenta la più elevata intensità d’uso dell’acqua con 21,7 litri utilizzati per euro di produzione venduta, seguito da tessile (20,9 litri per euro) e «coke e prodotti petroliferi raffinati e prodotti chimici» (17,5 litri per euro). Settori quali «Carta e prodotti di carta», «Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi», «Gomma e materie plastiche», «Prodotti farmaceutici di base e preparazioni farmaceutiche» presentano un valore che oscilla fra 10 e 14 litri per euro di produzione venduta. Tra i settori con la minore intensità d’uso dell’acqua, l’Istat colloca i settori mobili, «autoveicoli, rimorchi e semirimorchi», «riparazione e installazione di macchine e apparecchiature», «stampa e riproduzione di supporti registrati» con valori inferiori a un litro per euro.

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