Buonsenso per restare nell’ambito umanitario

MONDO. L’appello di Mattarella alla Flotilla perché accolga la mediazione del Patriarcato Latino dà la misura della preoccupazione per una crisi che rischia di sfuggire di mano.

Sono parole di buonsenso, caratteristica assai rara in questo frangente, tanto più dettate poco prima dell’intervento di Netanyahu all’Onu, di cui sono rimasti impressi quel cinico «vogliamo finire il lavoro a Gaza» e l’irricevibile negazione della realtà. Il Presidente ha anticipato a Giorgia Meloni il senso della sua iniziativa, di altra sostanza rispetto alla premier che aveva tacciato i membri dell’equipaggio di essere «irresponsabili». Premessa e conclusione si tengono: proprio per salvaguardare il valore della missione – afferma Mattarella in positivo – è necessario preservare l’obiettivo di far pervenire gli aiuti ai palestinesi. Il tutto ricordando che «il valore della vita umana, che sembra aver perso ogni significato a Gaza, dove viene gravemente calpestato con disumane sofferenze per la popolazione, richiede di evitare di porre a rischio l’incolumità di ogni persona».

L’appello di Mattarella

In sostanza: l’opera di soccorso della Flotilla potrebbe già essere all’ultimo miglio, con un finale concreto tessuto dalla mediazione della Cei, scaricando gli aiuti a Cipro per delegarne la distribuzione a Gaza al Patriarca latino, Cardinal Pizzaballa, cioè una personalità che conosce alla perfezione la complessità di quel territorio.

L’equipaggio, realtà composita fatta di tanti orientamenti, per ora non ha accolto l’appello e se ne assume la responsabilità, perché a questo punto la domanda è: occasione persa ai fini dell’apertura di corridoi umanitari? Se l’obiettivo primario della missione è quello umanitario, perché rinunciare ad un’opportunità realistica, a portata di mano?

In fondo, leggendo bene il messaggio di Mattarella, la valorizzazione della natura della

In tempi di conflitti chi ha più saggezza e più prudenza deve usarle e pure il governo è chiamato a una prova di maturità

spedizione la vincola anche a mantenersi nel perimetro solidaristico. Anche perché la situazione è destinata a farsi drammatica, come dimostra l’opportuno invio di unità della Marina italiana a far da «cuscinetto» sul limitare delle acque internazionali per evitare il peggio. In tempi di conflitti chi ha più saggezza e più prudenza deve usarle e pure il governo è chiamato a una prova di maturità: Meloni è stata abile a darsi un profilo internazionale, certo riconosciuto, ma non per questo sempre convincente. È l’ora di raffreddare le tensioni, di calibrare le parole spesso a senso unico, di smetterla di guardare le tragedie a due passi da casa con l’occhio ai sondaggi elettorali, di non continuare nelle omissioni (chi si ricorda degli ostaggi israeliani ancora in mano a Hamas?) per non mortificare la difesa del diritto umanitario e l’autodeterminazione del popolo palestinese.

Il ruolo della Flotilla

Flotilla, le cui implicazioni politiche andrebbero discusse, ha colmato un vuoto lasciato dalla comunità internazionale. Anche chi è legato ai principi del multilateralismo deve riconoscere l’irrilevanza dell’Onu che in nessuno dei due grandi conflitti attuali ha potuto svolgere un ruolo realmente significativo. Ed è paradossale che chi mina alle radici le fondamenta della cooperazione internazionale siano quelli (Trump) che accusano le Nazioni Unite di inefficienza.

L’Europa s’è mossa tardi e in ordine sparso, peraltro su impulso di Macron, ma il riconoscimento dello Stato palestinese, per quanto si insista sulla sua astrattezza teorica, è un atto politico che dà il senso e la traiettoria giusta a una storia maltrattata. Meloni ha cambiato un po’ il passo per uscire dall’angolo, ma pende più su Washington che su Parigi. La realtà impedisce l’equidistanza, perché a Gaza, con il massacro dei civili, è stato annientato il futuro di un popolo.

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