
(Foto di ansa)
MONDO. Un’immagine storica? L’incontro durato 15 minuti fra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, avvenuto sabato scorso nella Basilica vaticana prima dei funerali di Papa Francesco in Piazza San Pietro, è un’iconografia potente.
Per il luogo dove è avvenuto, la maestosa chiesa nella quale Bergoglio ha più volte pregato per la pace nel mondo e rivolto appelli ai governi affinché agiscano contro le guerre. I due presidenti non si confrontavano di persona dal burrascoso vertice alla Casa Bianca del 28 febbraio scorso, quando il tycoon e il suo entourage umiliarono il leader ucraino. «Un vertice per la pace» è stato definito l’incontro in Basilica, certificando come il rapporto fra Kiev e Washington si sia alterato: non più un’alleanza solida. La nuova amministrazione Usa nella lettura delle cause del conflitto e nel piano proposto per uscirne sposa tesi e soluzioni del Cremlino, con qualche aggiustamento.
Anatolii Fedoruk: «Le grandi storie nascono spesso nel silenzio di conversazioni importanti. Zelensky e Trump si sono incontrati in Vaticano, in un luogo dove ogni parola ha un peso. Il mondo dice addio al Papa. In questo giorno, in cui milioni di persone sono unite da una preghiera e un ricordo comuni, noi crediamo particolarmente: la vera unità è possibile»
La ripresa delle comunicazioni fra gli Stati Uniti e la Russia è un fatto positivo perché necessario, ma il negoziare non è pratica dal valore assoluto in sé, dipende dalle disponibilità, dai contenuti e dagli obiettivi. Anatolii Fedoruk, sindaco di Bucha, cittadina simbolo dell’«Ucraina martoriata», nella definizione di Francesco, vittima dell’eccidio perpetrato dagli occupanti (1.200 civili giustiziati nel marzo 2022 nel distretto), ha commentato il confronto in San Pietro con queste parole: «Le grandi storie nascono spesso nel silenzio di conversazioni importanti. Zelensky e Trump si sono incontrati in Vaticano, in un luogo dove ogni parola ha un peso. Il mondo dice addio al Papa. In questo giorno, in cui milioni di persone sono unite da una preghiera e un ricordo comuni, noi crediamo particolarmente: la vera unità è possibile. Crediamo nella determinazione dei nostri partner e nella valutazione oggettiva della situazione. Crediamo che la verità e la giustizia saranno ascoltate». Il popolo ucraino, sfinito e impoverito da oltre tre anni di bombardamenti su tutto il territorio e terrorizzato da una guerra di annessione, si aggrappa ad ogni spiraglio nella speranza di una fine della persecuzione. Fra Kiev e Bergoglio ci sono state anche incomprensioni, quando il Pontefice riferì il giudizio che un Capo di Stato gli aveva riportato prima dell’invasione sui rischi «dell’abbaiare della Nato alle porte della Russia», e quando parlò dell’onore della bandiera bianca quando si è sconfitti.
Ma sono agli atti le denunce del Papa contro i nazionalismi aggressivi e revanscisti (quello russo è di questa natura) e i vasti crimini sui civili ucraini. Definì «particolarmente efferati» i battaglioni del Cremlino che agirono proprio a Bucha, incassando parole offensive dalla portavoce del ministero degli Esteri russo, Marija Zacharova. Francesco impegnò la diplomazia vaticana nella mediazione attraverso il Cardinale Matteo Zuppi, anche per il ritorno di prigionieri e delle migliaia di minori ucraini trasferiti a forza in Russia, senza dimenticare gli aiuti umanitari al popolo martoriato.
Zelensky: «Abbiamo discusso a tu per tu, speriamo in risultati su tutto ciò che abbiamo trattato. Proteggere le vite del nostro popolo, un cessate il fuoco completo e incondizionato. Una pace affidabile e duratura che impedisca lo scoppio di un’altra guerra»
Zelensky sabato, vestito di nero in ossequio al lutto per la morte del Papa e non color verde militare come dall’inizio dell’aggressione, ha così commentato l’incontro con Trump, sostenuto dalla Santa Sede: «Abbiamo discusso a tu per tu, speriamo in risultati su tutto ciò che abbiamo trattato. Proteggere le vite del nostro popolo, un cessate il fuoco completo e incondizionato. Una pace affidabile e duratura che impedisca lo scoppio di un’altra guerra. Un incontro molto simbolico che ha il potenziale per diventare storico, se raggiungeremo risultati congiunti». In viaggio verso Roma, il presidente americano aveva scritto sui social di «pensare che Putin forse non vuole fermare la guerra, mi sta solo prendendo in giro» e «deve essere trattato in modo diverso, attraverso sanzioni bancarie o secondarie». Nella notte di sabato scorso Mosca ha lanciato 149 droni esplosivi su città ucraine, la dose quotidiana di distruzione e morte.
Il grande rimosso della diplomazia internazionale, anche nelle ore delle esequie del Papa, resta invece la guerra di Gaza, le quotidiane stragi di civili tra i quali molti bambini, due milioni di sfollati alla fame e privi dell’assistenza sanitaria necessaria a fronte di bisogni crescenti. Un silenzio inaccettabile, sordo anche alle reiterate invocazioni di Bergoglio che la stessa diplomazia ha pianto in questi giorni.
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