Gaza, le mire di Netanyahu. Scenari drammatici

MONDO. Com’era facile prevedere, le atroci immagini degli ostaggi israeliani ancora prigionieri di Hamas, ridotti quasi a scheletri e costretti a scavarsi la fossa, e il costante e ormai incomprensibile rifiuto di Hamas di accettare una trattativa che implicherebbe una sorta di resa, hanno spinto Benjamin Netanyahu e il suo Governo a varare un ulteriore giro di vite su Gaza.

Nel pomeriggio di oggi si riunirà il Gabinetto di sicurezza di Israele che, secondo tutti i pronostici, dovrebbe decidere per l’occupazione totale della Striscia. Che cosa esattamente significhi «occupazione totale» al momento non è chiaro, anche se le forze armate di Israele già controllano l’88% del territorio, i palestinesi non hanno più alcuna libertà di movimento e quindi, in teoria, l’ultimo passo ipotizzato da Netanyahu non dovrebbe costituire un compito troppo arduo.

La frattura tra governo e forze armate

Eppure, come sappiamo, l’ipotesi ha aperto un solco tra il Governo di Israele e i vertici delle forze armate. Il generale Eyal Zamir, capo di stato maggiore, ha fatto trapelare il proprio dissenso rispetto ai progetti dei politici, spingendo i più estremisti, come il solito ministro per la Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, a chiedere obbedienza assoluta pena la cacciata dal comando. Zamir ha fatto anche una mossa molto sottile per far capire come la pensa: proprio mentre si diffondevano le voci sulla «occupazione totale», ha annullato l’ordine di emergenza che aveva esteso il servizio di riserva dei soldati regolari di altri quattro mesi e che era in vigore dal massacro compiuto dai terroristi di Hamas il 7 ottobre del 2023.

Lo stress di due anni di guerra

Il generale, ovviamente, non è spinto da motivazioni umanitarie relative ai palestinesi. È preoccupato, invece, per la salute delle sue truppe, già sotto stress dopo due anni di guerra, non solo contro Hamas a Gaza ma anche contro Hezbollah in Libano, in Siria, in Iran. Israele ha mobilitato 300mila riservisti e, oltre ai caduti in battaglia (512 nel 2023 e 295 nel 2024), ha dovuto far fronte ad almeno 50 suicidi e a 1.600 (dato del gennaio 2024) trattamenti per disordine da stress post-traumatico. Il 75% dei reduci, inoltre, ha richiesto supporto psicologico. Negli ambienti militari (spesso parlano gli ex, più liberi di esprimersi), inoltre, si fanno previsioni piuttosto drammatiche sul possibile costo di un’occupazione totale e si dà per credibile una previsione di decine di vittime tra i soldati di Israele. Il che tra l’altro vuol dire che, dramma degli ostaggi a parte, il tanto ricercato sradicamento di Hamas è lungi dall’essere stato realizzato.

È tutto questo a preoccupare il generale e i suoi colleghi, che della realtà sul terreno hanno di certo un’accurata conoscenza e, soprattutto, sanno bene che, dal punto di vista politico, la strada intrapresa dal Governo Netanyahu non prevede, né può prevedere, tregue o ritirate. Ma se questo è il tema che riguarda i generali, quello che riguarda tutti noi è quale potrebbe essere la sorte dei palestinesi quando l’occupazione militare totale israeliana diventasse realtà. E dei palestinesi in tutte le accezioni del termine.

La situazione sulla striscia

Intanto quelli di Gaza. Un controllo assoluto israeliano, per assurdo, potrebbe persino alleviare parte delle sofferenze dei gazawi: sarebbe più difficile, per fare un esempio, sparare sulle distribuzioni di cibo o sui campi profughi sorvegliati e pattugliati dai soldati di Israele. Nello stesso tempo, dopo tutto quanto è successo in questi due anni, è difficile non nutrire il sospetto che l’occupazione totale possa essere il prologo all’espulsione della popolazione di Gaza, anche se al momento non si vede quale Paese del Medio Oriente voglia o possa accollarsi il peso di quasi due milioni di disperati ormai ridotti alla fame.

Nello stesso tempo, il piano per Gaza potrebbe essere la prova generale per un’analoga operazione sulla Cisgiordania, dove il territorio dell’Autonomia palestinese è ormai ridotto in coriandoli, dove i coloni violenti imperversano coperti dalle autorità e dove, va detto, la dirigenza palestinese guidata da Abu Mazen ha perso anche gli ultimi brandelli di credibilità. In tutto questo, anche la vita degli ostaggi ancora prigionieri di Hamas diventa, per quanto sia crudele dirlo, una questione accessoria. Ma è così, ormai, da molto tempo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA