(Foto di Ansa)
MONDO. Le guerre in corso in Ucraina, Sudan e Yemen hanno in particolare un punto che le accomuna: lo smembramento di Stati sovrani riconosciuti dall’Onu e aderenti alla stessa organizzazione.
        
       
    La spartizione dell’Ucraina in più avviene per annessione di suoi territori (il 18% ad oggi) in seguito a un intervento militare esterno, dell’impero russo. Dominique de Villepin fu l’unico ministro degli Esteri di un grande Stato europeo (la Francia allora governata dal conservatore Jacques Chirac) ad opporsi strenuamente a inizio 2003 all’invasione dell’Iraq. In un’intervista recente, il grande diplomatico, sempre coerente al diritto internazionale, ha dichiarato che la guerra lanciata da Mosca nel 2014 con la presa militare e illegale della Crimea è figlia anche e proprio dell’aggressione anglo-americana dell’Iraq: agli occhi delle potenze rappresentò un via libera a conflitti motivati da bugie. Quello del 2003 sul possesso mai provato di armi chimiche da parte del regime di Saddam Hussein, quello del 2014 e poi del 2022 su un pericolo dell’Ucraina per la Russia, con la richiesta di Kiev di entrare nella Nato. Le guerre preventive sono vietate dalla Carta dell’Onu, sottoscritta da 193 Stati, che invece legittima la difesa della sovranità territoriale violata.
È evidente la doppia morale occidentale: il sostegno politico e militare all’Ucraina e allo stesso tempo a Israele nella reazione che ha distrutto la Striscia di Gaza dopo il 7 ottobre 2023, il pogrom di Hamas che non avvallava però la barbara ritorsione sui gazawi ma una risposta cosiddetta «proporzionata», per avere giustizia e non la vendetta annunciata pubblicamente da Benjamin Netanyahu nel giorno del massacro nei kibbutz e della
Non un solo proiettile è mai stato sparato sul territorio russo da Paesi dell’Europa centro orientale aderenti all’Alleanza atlantica e nemmeno dall’Ucraina, «il non Stato, parte della Russia» secondo Vladimir Putin
cattura degli ostaggi. Esiste anche una doppia morale nelle opinioni pubbliche e negli «opinionisti». Le prese di posizione rispetto alle guerre non vanno inficiate da ideologie settarie o pregiudizi: in gioco c’è la vita delle persone. Si può pensare, come accade, che la Nato sia «un’associazione a delinquere» o all’apposto «il baluardo difensivo militare dell’Occidente» ma queste conclusioni non dovrebbero allontanare da fatti accertati: non un solo proiettile è mai stato sparato sul territorio russo da Paesi dell’Europa centro orientale aderenti all’Alleanza atlantica e nemmeno dall’Ucraina, «il non Stato, parte della Russia» secondo Vladimir Putin. I gravi strappi al diritto internazionale non restano senza conseguenze ma producono un «diritto» nuovo non scritto che ci ha consegnato alla tragedia della nostra epoca: tutto è possibile, non esistono più limiti.
Dirimenti nel giudizio dovrebbero poi essere i crimini di guerra e contro l’umanità accertati dall’Onu, da altri organismi internazionali e da organizzazioni non governative. Non indizi, ma abomini con responsabilità e complicità certe. Anche quando non sono visti dalle opinione pubbliche, quei crimini esistono. Da mesi vengono denunciati vasti atti inumani in Sudan, compiuti in particolare dalle Forze di supporto rapido (sostenute in armi e intelligence dagli Emirati Arabi Uniti), le milizie ribelli che nei giorni scorsi hanno conquistato El Fasher, capitale del Darfur settentrionale, uccidendo almeno 1.500 civili in poche ore, dopo averla assediata e affamata per mesi. Solo il precipitare dell’immensa tragedia ha rotto il muro del silenzio, come se il pregresso di crimini reiterati non fosse bastato.
Il 28 ottobre scorso la Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sull’Ucraina in un nuovo rapporto presentato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha qualificato come crimini contro l’umanità gli attacchi deliberati russi alla popolazione civile per strada o nelle case con droni esplosivi («causando distruzioni su larga scala e diffondendo il terrore» si legge nel documento) e come crimini di guerra il trasferimento forzato e la deportazione di abitanti dalle zone occupate dell’oblast di Zaporizhzhia. Fatti accertati che si sommano ad altri, a descrivere un’invasione che attacca scientemente anche donne, bambini e anziani, chi non veste la divisa. Eppure incredibilmente importanti storici e intellettuali italiani nei talk show e in canali social dichiarano ancora che «Putin non prende di mira i civili», sebbene dal 2023 sia anche lui sotto mandato di cattura della Corte penale internazionale dell’Aja insieme a due suoi importanti generali.
Non saranno lo sdoganamento definitivo della legge del più forte né letture ideologiche a farci uscire da questa spirale di violenza che ammorba il mondo, nella quale siamo caduti un passo alla volta con la rinuncia a seconda delle convenienze alla difesa del diritto internazionale. E quindi della vita.
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