Guerra aspra, l’orrore quotidiano per i civili

Il commento. Ormai non si bada più alla forma oppure più semplicemente sono tramontate le illusioni e si è buttata la maschera. Fino a poco prima dell’esplosione sul ponte di Crimea i militari federali si affannavano a ripetere che stavano colpendo solo i siti delle Forze armate del «regime di Kiev» e dei «nazi-nazionalisti». C’era l’obiettivo di non far «pesare» questa «necessaria» «Operazione speciale» sulla popolazione civile, che - stando ai rapporti della vigilia dell’intervento - si sarebbe sollevata contro il «regime di Zelensky» e avrebbe permesso in tre-quattro giorni di facilitare il blitz delle unità speciali di Mosca.

Adesso, dopo un tale affronto subito in Crimea, il drastico cambiamento di rotta. Missili e droni russi stanno neutralizzando le infrastrutture civili ucraine, ossia centrali elettriche, acquedotti, impianti energetici. Immaginabili le conseguenze per la popolazione. Nella regione russa confinante di Belgorod, allo stesso tempo, succede più o meno la stessa cosa, ma in proporzioni meno devastanti. Il pericolo è comunque rilevante, tanto che il governatore locale ha chiuso le scuole e ha fatto fare una ricognizione dei ricoveri anti-aerei in uso.

L’orrore, la disperazione, la paura stanno così diventando sentimenti quotidiani anche per chi finora aveva visto l’attuale dramma in corso soltanto in televisione. Persino nella lontana (dal fronte) Mosca si stanno prendendo misure per garantire la sicurezza delle infrastrutture civili.

La regione di Kherson è la «porta» di ingresso della Crimea, la penisola «contesa», vera causa di questa immane tragedia che va avanti dal 2014.

Tanta recrudescenza di violenza sulla gente è dovuta anche ad altri due fattori: il primo è che, come lo stesso comandante in capo delle Forze russe Surovikin ha ammesso, la situazione nelle quattro regioni annesse appena un mese fa è «difficile»; il secondo è che la tregua invernale – imposta dalle avverse condizioni atmosferiche e non dalla politica – è alle porte. Mosca ha quindi necessità di guadagnare tempo il più possibile in attesa che i suoi 300mila mobilitati finiscano l’addestramento per essere in grado di combattere, mentre sta evacuando parte della cittadinanza a lei fedele dalla città di Kherson. La sua regione, attenzione, è la «porta» di ingresso della Crimea, la penisola «contesa», vera causa di questa immane tragedia che va avanti dal 2014.

L’introduzione della legge marziale da parte del presidente Putin nelle quattro regioni annesse è solo il tentativo di dare maggiori poteri ai suoi uomini sul posto nella speranza di fronteggiare un’emergenza complessa, da cui non sarà facile uscire. Come distinguere, ad esempio, gli amici dai nemici di fronte all’avanzata inarrestabile delle truppe di Kiev? Il capo del Cremlino ha contemporaneamente limitato con un decreto la libertà di movimento nelle otto regioni sud-occidentali al confine con l’Ucraina anche se per adesso – è stato ribadito in tutte le salse in forma ufficiale – che le frontiere federali rimangono aperte.

Il ricordo dell’Unione Sovietica - la superpotenza tanto amata dalle forze nazional-patriottiche, ispiratrici della presente tragedia, - in cui la popolazione era bloccata senza libertà di movimento rimane ben presente nella memoria del cittadino della strada

Si vuole, in breve, evitare il panico in Russia e non rivedere le scene di qualche settimana fa con la gente in fuga verso l’estero. Il ricordo dell’Unione Sovietica - la superpotenza tanto amata dalle forze nazional-patriottiche, ispiratrici della presente tragedia, - in cui la popolazione era bloccata senza libertà di movimento rimane ben presente nella memoria del cittadino della strada. Una misura restrittiva del genere sarebbe molto più destabilizzante per il Cremlino che un grave passo falso al fronte. Uscire dunque dal pantano ucraino sta diventando sempre più complicato per Putin. I «falchi» attorno a lui stanno guadagnando posizioni. Da qui l’escalation di violenza sotto agli occhi del mondo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA