I veri mali d’Occidente e la strada per la pace

MONDO. «Secolo cinese», «Terza guerra mondiale», «mondo multipolare». Le pagine dei quotidiani si sono riempite di articoli di geopolitici di fama, novelli dilettanti e subdoli propagandisti, gettando l’opinione pubblica nella piena confusione.

Senza avere la pretesa di disporre di risposte a tutto, è evidente che oggi sono in corso dei naturali cambiamenti, che portano con sé sfide nei campi più diversi: da quello politico-economico a quello sociale, da quello ecologico a quello delle materie prime. La demografia, la tecnologia e la finanza incideranno non poco sulla direzione di tali mutamenti. Siamo in un periodo di passaggio dal primo periodo post Guerra Fredda con l’esistenza di un solo polo attrattivo - l’Occidente incentrato sull’America e sulla democrazia - ad un secondo periodo più confuso, in cui cominciano ad emergere centri d’interesse alternativi, che, però, ancora stentano a definire dei modelli condivisibili oltre limitate latitudini.

La situazione generale è per di più complicata dallo spostamento dell’asse del mondo dall’Atlantico al Pacifico (dopo cinque secoli) e dall’esistenza di nodi irrisolti nel passato.Due esempi su tutti: la tragedia ucraina è la prosecuzione in ritardo del crollo dell’Urss nel 1991 e dal ricomparire in quello spazio delle nazionalità, di fatto cancellate in epoca sovietica; la questione di Taiwan si trascina dagli anni Cinquanta, quando i comunisti di Mao Zedung conquistarono il potere non riuscendo ad occupare l’isola «ribelle». Purtroppo, guerre e guerricciole in giro per il mondo ve ne sono sempre state e i capi-fazione locali, di solito, cercano di accreditarsi presso qualche potentato all’estero per avere maggiori possibilità di vittoria in casa propria.

Ma cosa è successo? L’Occidente è sembrato battere negli ultimi due decenni dei colpi a vuoto, ma in realtà ha solo modificato il suo corso e il suo sviluppo socio-economico. Disgraziatamente, la precipitosa ritirata dall’Afghanistan ha fatto credere che l’Occidente possa essere battibile militarmente. Così dittatorelli di mezzo mondo hanno alzato la testa. Invero lo scontro ideologico senza confini negli Stati Uniti porta scompiglio e ha riflessi globali. La scelta di Washington di lasciare all’Unione europea il compito di sbrigarsela nel Vecchio Continente ha trovato Bruxelles non del tutto preparata. I veri mali dell’Occidente sono, però, altri: primo, l’incredibile debito accumulato; secondo, le frequenti crisi finanziarie spesso originate da comportamenti irresponsabili del management; terzo, gli eccessivi capitali passati ad impresentabili per l’acquisto delle materie prime; quarto, l’inverno delle natalità. Cina, Russia e alcuni Paesi emergenti vorrebbero far saltare il banco?

Il loro tallone d’Achille è che, politicamente, sono dei giganti dai piedi d’argilla. A Pechino è bastata la protesta popolare contro la campagna «Covid zero» per far tremare l’intero establishment comunista; a Mosca, non appena si è dichiarata una parziale mobilitazione, un milione di russi sono scappati all’estero. Una mezza seria crisi, insomma, e quei sistemi vanno in panne. A parte calmare l’anti-americanismo galoppante in casa propria, l’Occidente può vincere questa sfida, mantenendo il controllo delle tecnologie, delle innovazioni, delle «terre rare», dell’industria spaziale. Ma serve soprattutto una seria rivoluzione energetica, affrancandosi dai combustibili fossili con benefici per i mutamenti climatici. Capire le storture della turbo-globalizzazione e ridisegnare una globalizzazione dal volto umano sono le strade maestre per costruire un mondo di pace.

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