In Ucraina il tempo è ancora delle armi

ESTERI. Innovazioni tecnologiche riuscite, controffensiva di Kiev in ritardo e diplomazia che non trova una strada per fermare la tragedia russo-ucraina. Ecco in breve una fotografia della situazione ad Est dopo le visite di Stato di Volodymyr Zelensky in Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna.

La maggiore novità del momento è decisamente militare: i Patriot americani sono in grado di neutralizzare i missili ipersonici russi, le «super-armi» di Vladimir Putin. In Ucraina, forse, siamo addirittura davanti ad una svolta! Circa una quindicina di giorni fa era avvenuto un primo abbattimento che poteva sembrare casuale.

Adesso, invece, si è avuta conferma: in una sola notte la contraerea di Kiev ha eliminato ben 18 vettori sofisticati russi, tra cui gli ultra-moderni Kinzhal, i Kalibr e gli Iskander. Una notizia peggiore non poteva giungere dall’Ucraina per il Cremlino.

Una fonte federale ha tentato di affermare una verità diversa - ossia che, al contrario, era stato un Kinzhal ad aver distrutto un Patriot americano - ribaltando le dichiarazioni degli specialisti occidentali. Ma ormai in pochi ci cascano nei soliti giochetti propagandistici.

Era il 2018, quando Vladimir Putin, supportato da effetti speciali, aveva mostrato raggiante al mondo i suoi nuovi «gioielli» contro cui non vi era difesa. Su tutti il Kinzhal, utilizzato a ripetizione in questi lunghi mesi. E poi il carro armato «Armada», mai entrato in azione durante la «Campagna militare speciale», le cui tracce si sono ormai perse.

La realtà del terreno appare diversa da quella proiettata sugli schermi piatti a mille pollici. Le seconde più forti Forze armate al mondo sono impantanate in uno scontro di trincea simile a quelli osservati nella Prima guerra mondiale; sono affiancate da Compagnie private (e non se ne capisce la ragione) ed hanno dato fondo agli arsenali arrugginiti sovietici.

I Patriot Usa, usati dalla contraerea ucraina, possono ora risultare determinanti come lo furono i radar e i caccia Spitfire britannici nella battaglia d’Inghilterra e i carri armati sovietici T-34 nella Seconda guerra mondiale. Serviranno a difendere le infrastrutture energetiche e civili.

Venendo alla tanto attesa controffensiva, Kiev si rende conto che il costo in vite umane potrebbe essere alto. Una cosa è difendersi, un’altra attaccare. E poi le condizioni del terreno, ancora intriso d’acqua, tardano ad essere ottimali per muovere i pesanti tank. Zelensky, però, non ha altra scelta.

Il presidente ha tentato nel suo tour europeo di farsi fornire dagli alleati di caccia F-16, che gli darebbero il controllo dei cieli, ma ha trovato porte chiuse a questa sua richiesta, raccogliendo un sì solo all’addestramento dei piloti.

Diplomaticamente parlando, sia i mediatori cinesi sia quelli potenziali vaticani sia (da quanto si dice) quelli africani si scontrano contro degli autentici muri eretti da russi ed ucraini. La ragione è semplice: entrambi i contendenti sono convinti di riuscire ad avere la meglio sul campo di battaglia. Kiev ritiene che entro l’anno l’operazione di «reconquista» dovrebbe finire.

Nel suo tour Zelensky ha ricevuto tante pacche sulle spalle, dichiarazione di appoggio politico, nuovo equipaggiamento militare (tranne che i caccia F-16!) e impegni per la ricostruzione. Gli europei, da quanto riportano gli ucraini, si stanno sempre più convincendo che, se Putin non verrà fermato a Kiev, dovranno mandare i loro giovani a combattere ad Est.

Il tempo è pertanto ancora delle armi. In ultimo, non si capisce perché, ma i contendenti sono convinti che, quando verrà il momento, basterà poco tempo per accordarsi tra loro. Mah!

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