Turchia, incognita sulla Nato più grande

La Turchia si mette di mezzo sulla strada per l’adesione di Finlandia e Svezia all’Alleanza atlantica. Secondo Ankara tale allargamento «è un errore» uguale a quello compiuto in passato con la Grecia. Il grattacapo non è da poco, poiché serve l’unanimità di tutti i membri per associare nuovi Paesi alla Nato. Il presidente Erdogan sta tentando di avere una posizione equidistante tra Russia e Ucraina, ponendosi anche come mediatore tra i due contendenti slavi.

Questo non gli ha, però, impedito finora di non riconoscere l’annessione da parte del Cremlino della Crimea, abitata dai tatari - una forte minoranza turcofona –, e di vendere a Kiev gli straordinariamente efficaci droni Bayraktar, elementi fondamentali della difesa aerea ucraina anti-tank. Con i russi i turchi hanno una collaborazione attiva in Siria, dove insieme sono riusciti temporaneamente a pacificare la situazione nel Nord del Paese arabo, anche se sono venuti a contatto su fronti opposti in Libia, evitando tuttavia uno scontro sanguinoso diretto. Dopo gli screzi recenti con Washington per la questione dell’acquisto dei sistemi russi di difesa anti-aerea S-400, Ankara probabilmente tenterà di ottenere dagli alleati qualcosa in cambio per rivedere la propria posizione. Non sembra, al momento, che tale scelta di chiusura verso nuove adesioni possa essere stata concordata con il Cremlino.

L’ombrello britannico e americano dovrebbe comunque mantenere Helsinki e Stoccolma al sicuro da amare sorprese nel prossimo periodo di trattative, che in sede Nato paiono possano essere abbastanza lunghe.

L’ombrello britannico e americano dovrebbe comunque mantenere Helsinki e Stoccolma al sicuro da amare sorprese nel prossimo periodo di trattative, che in sede Nato paiono possano essere abbastanza lunghe. A causa dell’impegno massiccio di forze convenzionali in Ucraina, la Russia non è in grado oggi di insidiare i due Paesi scandinavi. Al massimo finlandesi e svedesi pagheranno un prezzo economico ed energetico per la loro decisione di abbandonare la loro tradizionale neutralità. Infatti Mosca ha già annunciato il taglio delle forniture elettriche ad Helsinki, che, però, si è preparata per mesi a tale scenario.

La notizia positiva della giornata di ieri è semmai che i ministri della Difesa russo e americano si sono finalmente parlati al telefono dopo settimane di totale assenza di contatti tra le due Amministrazioni. Nei mesi scorsi Shojgu e Austin erano riusciti ad instaurare un discreto rapporto personale, incontrandosi di persona una volta. Tale relazione, in un frangente così delicato, potrebbe essere una garanzia per evitare che il conflitto russo-ucraino si allarghi ad altri teatri, anche a causa di sempre possibili errori umani. Austin ha chiesto il «cessate il fuoco».

Sul terreno la situazione lungo il fronte rimane stabile. Dai dispacci provenienti da Kiev i russi sono in lenta ritirata dalla zona di Kharkiv e preparano la difesa del vicino confine. Gli ucraini hanno ricevuto artiglieria di produzione americana capace di una lunghezza di tiro maggiore rispetto a quella in possesso dei militari di Mosca. Da nostre fonti in loco, stanno inoltre studiando - grazie a filmati su YouTube - come si usano le armi arrivate dagli europei. Combattimenti si registrano sempre intorno all’acciaieria di Mariupol, dove si tratta per evacuare i feriti.

La diplomazia cerca di trovare una strada per aprire un negoziato. Il presidente ucraino Zelensky ha di nuovo dichiarato di essere pronto ad incontrare il collega russo Putin, ma senza che vi siano degli ultimatum preventivi. Il Cremlino, invece, continua a ritenere non maturo tale appuntamento. In sintesi la guerra sta lentamente entrando in una nuova fase stagnante, mentre la diplomazia rimane dentro a una palude senza uscita.

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