L’Ucraina al centro
di una sfida globale

Nuvole tempestose sul fronte orientale: capi di Stato, politici e diplomatici se ne dicono pubblicamente di tutti i colori, esacerbando la tensione internazionale. L’escalation militare e le continue dimostrazioni di muscoli lasciano senza parole e alzano contemporaneamente il rischio di incidente fortuito, quando forze armate così imponenti sono a contatto di gomito. Siamo vicini ad una crisi come quella di «Cuba 1962» in versione «Ucraina 2021-22»? Da mesi si assiste a lanci inattesi di missili di nuova generazione, continua a test con satelliti abbattuti nello spazio, a voli di cacciabombardieri strategici su teatri di crisi, ad incomprensibili ammassamenti di truppe alle frontiere. L’Ucraina, già ferita nel 2014 per la perdita della Crimea e per il conflitto in Donbass, ha avvertito l’Occidente: la Russia ci sta per invadere; i Servizi di intelligence Usa confermano il pericolo; Mosca nega tale intenzione e ribadisce il diritto di dislocare le sue forze, dove ritiene più opportuno sul proprio territorio.

Una situazione simile si era già vissuta nella primavera scorsa. La tensione si era poi placata con il summit di Ginevra tra Biden e Putin a giugno. Adesso i prezzi dell’energia, il nodo della condotta Nord Stream 2 sotto al Baltico e la crisi dei migranti in Bielorussia hanno buttato altra benzina sulla brace delle discordie tra Est e Ovest. Lo scontro non è, però, solo militare, politico ed economico, ma anche culturale. Nel mondo globalizzato del XXI secolo possono ancora esistere delle sfere di influenza e delle «linee rosse»? Dopo anni in cui l’Occidente ha solo «contenuto l’aggressività» russa, Joe Biden ha deciso di passare al contrattacco anche perché, secondo Washington e Bruxelles, le interferenze di Mosca - nella politica Usa ed europea, nel mondo cibernetico - non sono mai cessate. Vladimir Putin vuole ora un impegno scritto che l’Alleanza atlantica non si allargherà più verso oriente. L’Ucraina nella Nato, per il Cremlino, è inaccettabile: un missile lanciato dal suo territorio, viene evidenziato, piomberebbe su Mosca in 5 minuti.

Ecco la «linea rossa». Indirettamente lo scenario con Kiev, posizionata definitivamente in campo occidentale, sancirebbe la fine dei sogni dei patrioti di ricreare un «impero», quello zarista o sovietico che sia; la Russia sarebbe rigettata verso l’Asia dopo secoli di avanzate verso gli stretti. Il Cremlino, in sintesi, pretende che l’Ucraina diventi un Paese non allineato, una zona cuscinetto. Joe Biden, al contrario, ritiene che ogni Stato sia sovrano in casa propria e debba scegliere liberamente con chi allearsi oggi nel XXI secolo; le sfere di interesse sono ormai superate. E poi nel caso ucraino, le ferite del 2014 sono aperte; serve trovare una cura. In una situazione esplosiva del genere l’Unione europea sarà spinta a schierarsi a prescindere dagli interessi dei singoli membri e dai rapporti con la Russia.

In gioco vi è la libertà. Il mancato invito a Mosca al «summit delle democrazie» da parte di Biden è un chiaro segnale di come verrà impostato da Washington il discorso con gli alleati europei in caso di precipitare degli eventi. Con la speranza che nessuna delle parti in causa abbia la curiosità di andare a verificare i presunti bluff militari o abbia intenzione di premere per primo il grilletto lo scenario più auspicabile nell’immediato è che i leader alla fine trovino una formula per quadrare il cerchio, accordandosi. In caso contrario, prepariamoci al dispiegamento di missili a medio-corto raggio in Europa, come negli anni Ottanta, e a teatri locali di scontro.

© RIPRODUZIONE RISERVATA