Manganelli, fallimento senza scusanti

ITALIA. Le foto e i video che circolano in rete (un po’ meno nei Tg) sono inequivocabili. La polizia che carica a manganellate un gruppo di studenti dalle parti del liceo Russoli di Pisa, molti dei quali ancora minorenni, iscritti a quella scuola, disarmati, inermi, colpevoli solo di manifestare le proprie opinioni su quello che sta accadendo a Gaza.

Ragazzi che potrebbero essere i nostri figli (anche i figli degli stessi celerini) pestati a sangue, da agenti in tenuta antisommossa che infieriscono anche sulle ragazze. Ungheria di Orbàn? Russia di Putin? No, Pisa, Italia. Tra l’altro non si tratta di un episodio isolato perché scene simili si erano viste a Firenze e Catania. C’è stato qualche insulto di troppo all’indirizzo delle forze dell’ordine? Forse un tentativo di sfondamento del cordone come asseriscono le fonti governative? Lo stabilirà la magistratura. In ogni caso nulla giustifica una reazione del genere. Nulla. La gestione del controllo di una manifestazione di studenti non si fa con le manganellate, come ha detto il Capo dello Stato, intervenuto in una nota per manifestare tutto il suo sdegno per il comportamento in quei frangenti da parte delle forze dell’ordine. Lo stesso Capo dello Stato che 24 ore prima aveva condannato il fantoccio di Giorgia Meloni bruciato in un’altra manifestazione di tutt’altro tenore.

«Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento», ha sottolineato Mattarella. In questi frangenti il primo dovere delle forze dell’ordine è quello di controllare la situazione ed evitare il più possibile il ricorso alla forza. E invece la situazione - il minimo che si possa dire - è scappata di mano: le cariche della polizia rimandano ai tempi di Scelba, quando il clima era ben diverso e a manifestare erano personaggi ben più pericolosi degli adolescenti finiti sotto gli scudi e le bastonate della polizia.

E la politica come ha reagito? Male. Pesa il sostanziale silenzio dei ministri Piantedosi e Valditara. Le reazioni delle forze politiche del governo oscillano tra il buttarla in caciara come ha fatto una nota di Fratelli d’Italia contro la «sinistra che spalleggia i violenti»; dichiarazioni generiche sulla necessità di garantire la sicurezza nelle manifestazioni pubbliche; la difesa ostinata dei celerini e la «vicinanza» da parte di Salvini, manco fossero loro le vittime. Ma non è così che si amministra uno Stato democratico. Ammettere che qualcosa non ha funzionato nella gestione della sicurezza sarebbe stato molto più saggio e proficuo. Per guadagnare qualche consenso si finge di non vedere che dei ragazzi minorenni sono finiti all’ospedale per le botte della polizia.

«Gemma oggi rientra a scuola, a testa alta», ha scritto in un post la madre di una ragazza manganellata. «Quanto a voi poliziotti, con quali occhi stasera guardate in faccia i vostri figli? Ancora ho il disgusto e i brividi per quello che è accaduto a mia figlia, e ai nostri studenti». L’indignazione non è solo di quella madre. «Ci siamo trovati ragazze e ragazzi delle nostre classi tremanti, scioccati, chi con un dito rotto, chi con un dolore alla spalla o alla schiena per manganellate gentilmente ricevute, mentre una quantità incredibile di volanti sfrecciava in via Tavoleria», hanno scritto i professori del liceo in una lettera aperta. «Come educatori siamo allibiti di fronte a quanto successo oggi. Riteniamo che qualcuno debba rispondere dello stato di inaudita e ingiustificabile violenza cui sono stati sottoposti cento-duecento studenti scesi in piazza pacificamente: perché si è deciso di chiuderli in un imbuto per poi riempirli di botte? Chi ha deciso questo schieramento di forze, che neanche per iniziative di maggior partecipazione e tensione hanno attraversato la nostra città? Oggi è stata una giornata vergognosa per chi ha gestito l’ordine pubblico in città e qualcuno ne deve rispondere».

I fatti di Pisa richiamano alla memoria (fatte le debite proporzioni, per fortuna) quelli della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova. Sono passati 24 anni e da allora, dopo la sentenza definitiva nei confronti dei responsabili di quei fatti, si credeva che le forze dell’ordine avessero acquisito definitivamente gli adeguati strumenti per evitare scivoloni antidemocratici di questo genere. Non ne abbiamo fatto lezione. Sarà compito della magistratura stabilire le responsabilità di quel che è accaduto. Ma certamente la politica ha perso un’occasione per ribadire che l’Italia è uno Stato democratico. Non ci voleva molto. Bastava accodarsi alle parole del Capo dello Stato Sergio Mattarella. E invece si è scelta una strada diversa, si è scelto di lisciare il pelo alla destra più becera per guadagnare qualche voto in più in campagna elettorale in vista delle europee.

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