
L'Editoriale / Bergamo Città
Domenica 05 Dicembre 2021
Prevenire la guerre
La miccia dei Balcani
Balcani producono più storia di quanta ne possano consumare, disse Winston Churchill. A significare che quell’area dell’Europa genera più eventi di quanti ne riesca a rielaborare. È successo anche con i conflitti degli anni ’90 che hanno dissolto la Jugoslavia, consegnati alla storia senza una rilettura comune dei tragici avvenimenti, un’ammissione di responsabilità e una nuova ripartenza spegnendo definitivamente nazionalismi esasperati e particolarismi. Così in Bosnia, là dove il conflitto fu più crudele (almeno 100 mila morti e 2,5 milioni di profughi, più della metà della popolazione residente) si è riacceso un pericolosissimo focolaio. Milorad Dodik, esponente serbo della presidenza tripartita, usa una retorica guerrafondaia minacciando di distruggere le fragili istituzioni del piccolo Stato, somma della Republika Srpska e della Federazione croato-bosgnacca (i bosniaci di fede musulmana).

Ha presentato un piano per ritirare l’entità che guida creando enti indipendenti in particolare per settori come l’amministrazione fiscale, la magistratura, l’intelligence e perfino l’esercito. L’insieme di queste iniziative è stato descritto in un rapporto delle Nazioni Unite come una «secessione» e un rischio per gli accordi di pace di Dayton del 1995, che hanno posto fine al conflitto limitandosi però a congelare la situazione sul terreno definita dalla pulizia etnica. «Se qualcuno cerca di fermarci, abbiamo amici che ci difenderanno» ha dichiarato spavaldo Dodik dopo aver incontrato a Mosca il suo sodale Vladimir Putin. C’è un disegno diabolico per spartirsi la Bosnia - annettendo la Republika Srpska alla Serbia e la parte croata della Federazione alla Croazia - che verrebbe così ridotta a uno staterello con capitale Sarajevo. I partiti che erano al potere 30 anni fa hanno continuato la guerra attraverso la politica. Nella presidenza tripartita sono presenti l’Sda bosgnacco, i nazionalisti dell’Hdz i cui fili sono tirati dalla Croazia e l’Alleanza dei socialdemocratici indipendenti di Dodik legata alla Serbia. La Bosnia è quindi sottoposta a uno stress istituzionale: non pochi temono un nuovo conflitto. Ma rispetto agli anni ’90 ci sono due differenze. Molte meno armi in circolazione senza il lascito dell’Armata jugoslava di allora e le nuove generazioni non disponibili ad arruolarsi in una guerra nella quale non credono. Stretto fra disoccupazione (il 62% della popolazione tra i 15 e i 24 anni è infatti senza lavoro) e corruzione, chi può emigra.
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