L'Editoriale
Domenica 16 Novembre 2025
Sarajevo, cosa dice l’orrendo «safari»
MONDO. A Kherson da mesi è in corso il «safari», così chiamato dai soldati russi che si vantano sui canali Telegram, con tanto di filmati, di lanciare droni esplosivi su cittadini inermi, dagli anziani in bici ai bambini che giocano all’aperto a due sminatori di una ong danese, fra le vittime più recenti.
Il 28 ottobre scorso la Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sull’Ucraina in un nuovo rapporto presentato all’Assemblea generale dell’Onu sostiene che questi ripetuti attacchi a corto raggio da parte delle forze armate occupanti nelle aree del fronte «hanno provocato l’uccisione e il ferimento di civili, distruzioni diffuse e un ambiente coercitivo che ha costretto migliaia di persone a fuggire dalle loro case». La Commissione ha concluso che questi raid con droni costituiscono crimini contro l’umanità di omicidio con l’obiettivo del trasferimento forzato di popolazione.
Ma al peggio non c’è fine: è dei giorni scorsi la notizia dell’apertura di un’inchiesta su un altro «safari». Tra i cecchini responsabili di migliaia di vittime durante l’assedio di Sarajevo, dal 1992 al 1996, c’erano anche tiratori italiani: «turisti di guerra» che partivano il venerdì da Trieste per la tremenda caccia all’uomo
Viviamo anni terribili, segnati da un pauroso regresso dell’umano, nei conflitti ma non solo. Dalla Terra Santa al Sudan al Congo, la forza militare viene esercitata senza più i limiti sanciti dal diritto internazionale e da quello umanitario. Al pogrom di Hamas in Israele il 7 ottobre 2023 è seguita la vendetta annunciata da Benjamin Netanyahu con la punizione collettiva della popolazione della Striscia di Gaza: la distruzione dell’80% degli edifici, decine di migliaia di morti fra i quali 19mila minori e la fame.
Ma al peggio non c’è fine: è dei giorni scorsi la notizia dell’apertura di un’inchiesta su un altro «safari». Tra i cecchini responsabili di migliaia di vittime durante l’assedio di Sarajevo, dal 1992 al 1996, c’erano anche tiratori italiani: «turisti di guerra» che partivano il venerdì da Trieste per la tremenda caccia all’uomo. I pm sono pronti a convocare i primi testimoni, fra i quali un ex 007 bosniaco che quei fatti li ha vissuti durante il massacro di 11.541 civili, di cui 1.601 bambini e con oltre 60mila feriti tra i 450mila abitanti ingabbiati nella città. L’inchiesta milanese è aperta per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai motivi abietti: l’obiettivo è rintracciare gli italiani disposti, tra il ‘93 e il ‘95, a pagare per ammazzare civili indifesi «per divertimento». Sborsando di più - secondo testimoni - per poter colpire i bambini, in un prezzario della disumanità. Lombardi, ma anche piemontesi e del Triveneto, simpatizzanti di estrema destra. Nella lista dei testimoni c’è il regista sloveno Miran Zupanic, che con il suo documentario «Sarajevo Safari» del 2022 raccontò l’abominio.
Chi frequentò la Bosnia e la sua capitale negli anni della guerra era a conoscenza di mercenari che raggiungevano i grattacieli e le alture sotto controllo serbo per sparare sui civili. Ma il contesto rischioso non permise di raccogliere prove. Pagare per poter uccidere civili inermi è un ulteriore sprofondo nell’orrore. Fra chi era a conoscenza del «safari» c’è Benjamina Karić, sindaca di Sarajevo dal 2021 al 2024, che ha presentato denuncia penale per i crimini alla Procura della Bosnia Erzegovina nel 2022 (sollecitata a procedere proprio dalla visione del documentario di Zupanic) e nei mesi scorsi si è rivolta invece al Tribunale di Milano.
La storia non procede in linea retta ma talvolta viene riportata indietro, riaffrontando epoche buie come l’attuale. Eppure viviamo l’era del progresso, che in teoria avrebbe dovuto renderci migliori
La storia non procede in linea retta ma talvolta viene riportata indietro, riaffrontando epoche buie come l’attuale. Eppure viviamo l’era del progresso, che in teoria avrebbe dovuto renderci migliori. La ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico hanno avuto il merito di semplificare la vita e di allungare la sua durata, nell’illusione che l’umanità avesse compiuto un balzo in avanti anche sul piano morale. Non è successo e la deriva delle tecnologie, la possibilità di comunicare senza incontrare il prossimo, ha contribuito a disumanizzare l’altro, insieme a mai declinate ideologie di odio. Il denaro è un idolo, un obiettivo in nome del quale ogni comportamento è lecito. Non c’è più principio di autorità che tenga, ogni azione e parola sono legittime, siamo gli arbitri di noi stessi. Il male e il bene convivono in ogni persona, anche le più insospettate possono compiere azioni abiette, come racconta spesso la cronaca nera. È giusto discutere di disarmo e di pace ma al fondo resta la domanda: come riumanizzare il mondo a partire dalle nostre comunità? La risposta chiama in causa e responsabilizza le religioni e gli intellettuali, le cosiddette «agenzie educative» e la politica che non può sdoganare anche nel linguaggio la disumanizzazione del prossimo, di ogni prossimo. E i mezzi di comunicazione che non devono concedere la platea all’indicibile.
Le guerre balcaniche segnarono il ritorno sulla scena europea dei nazionalismi etnocentrici che andavano fermati per non diventare un virus contagioso, appello che non venne ascoltato: quei nazionalismi sono l’ideologia che alimenta conflitti in corso. «Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?» è scritto nel Salmo 8. La cura dell’umano oggi è la prima urgenza.
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