Strategie cinesi, Mosca non vuole restar fuori

MONDO. Proprio mentre il segretario di Stato Usa Antony Blinken visitava Kiev, per mostrare solidarietà all’Ucraina e per dare a Zelensky notizie (buone?) sulle sospirate forniture di armamenti, il Cremlino annunciava la visita di Vladimir Putin in Cina per il giovedì e venerdì.

Una coincidenza? Chissà. Resta il fatto che, rieletto per la quinta volta alla presidenza, Putin corre a far visita al collega Xi Jinping che a sua volta, un anno fa, era volato a Mosca per la prima visita all’estero dopo aver ottenuto il suo secondo mandato. Sono particolari ma confermano la relazione speciale tra i due Paesi. Relazione che, dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, consente alla Russia da un lato di condurre la guerra d’invasione e dall’altro di reggere alle sanzioni economiche dell’Occidente.

I dati parlano chiaro: dal 24 febbraio del 2022 le esportazioni cinesi verso la Russia sono cresciute del 60%; il 90% dei beni «dual use» (ovvero passibili di usi civili ma anche militari) identificati dal G7 come «alta priorità» e importati dalla Russia, vengono dalla Cina; le importazioni russe di radar, microchip e ottiche prima della guerra dipendevano dalla Cina per il 32%, ora per l’89%.

Ci sarà ovviamente tutto questo nei colloqui tra Putin e Xi Jinping, e anche in quelli di Putin con il premier cinese Li Qiang. Ma si tratta di un meccanismo ormai oliato e su cui le sanzioni secondarie di Usa e Ue riescono a intervenire solo in minima misura. Forse qualche parola sarà spesa anche sulla motivazione ufficiale dell’incontro: il settantacinquesimo anniversario del riconoscimento della Repubblica popolare cinese di Mao Tse Tung da parte dell’Urss. Ma al centro della riflessione dei due presidenti ci sarà, senza dubbio, la situazione internazionale, dove certo gli spunti non mancano.

La crisi di Gaza, Israele e il ruolo dell’Iran, Paese molto legato sia alla Cina (che è il suo primo partner commerciale) sia alla Russia. Con il corollario della proiezione in Medio Oriente sia della Cina (la recente mediazione tra Arabia Saudita e Iran) sia della Russia (insediata in Siria e impegnata a ridiscutere il rapporto un tempo solidissimo con Israele). Il ruolo della Corea del Nord, «protetta» dalla Cina e fornitrice di armamenti alla Russia. Due Paesi, Iran e Corea, che svolgono un ruolo evidente di disturbo alle politiche occidentali e che quindi hanno acquisito una rinnovata importanza. E naturalmente il confronto con gli Stati Uniti, avversari di entrambi: per Pechino nel controllo del Mar cinese meridionale, questione di Taiwan compresa; per la Russia in Europa per interposta Ucraina.

È possibile, però, che almeno questa volta sia l’Asia stessa a fare da architrave ai colloqui. Lontano dai nostri occhi di europei preoccupati, molte cose si stanno muovendo. In primo luogo, un certo processo di disgelo che pare ormai avviato tra India e Cina, due giganti uniti da un confine lungo 3.440 chilometri e divisi dalle opposte ambizioni di supremazia regionale. In una delle sue rarissime interviste (da quando è al potere, cioè dal 2014, non ha mai fatto una conferenza stampa), il leader indiano Narendra Modi ha con Newsweek più volte sottolineato la necessità di ricomporre i rapporti con la Cina. Un impegno importante, visto che Modi è alla vigilia di elezioni politiche in cui le opposizioni lo accusano, appunto di essere troppo morbido con Pechino. E la relazione con l’India è di fondamentale importanza anche per la Russia, che riesce ad alleviare le sanzioni occidentali vendendole grandi quantità di petrolio e di armi. Se poi consideriamo che Russia, India e Cina sono membri fondatori dei Brics e che i Brics si stanno allargando sia come numero di Paesi membri sia come peso nell’economia mondiale, allora possiamo star certi che Putin e Xi Jinping avranno di che consultarsi.

E poi ci sono le iniziative cinesi che alla Russia certo non posso dispiacere. Per esempio la recente visita di Xi in Serbia e in Ungheria, la prima amica della Russia, la seconda con la Russia comprensiva in un modo che molto dispiace ai vertici Ue. E anche, per restare all’Asia, il summit trilaterale Cina-Giappone-Corea del Sud che si terrà pochi giorni dopo il ritorno a Mosca di Putin. C’è molto movimento intorno a Pechino ed è chiaro che al Cremlino interessa non esserne tagliato fuori.

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