Un dramma cruciale ma la Politica resta divisa

ITALIA. Forse lo sciopero nazionale dei trasporti, come assicura il ministro Matteo Salvini, non è granché riuscito – meno del 2% dei treni bloccati, dice - ma di sicuro le piazze dei manifestanti per Gaza erano piene in tutta Italia ben più di quanto si potesse prevedere alla vigilia.

E, come spesso accade in queste circostanze, in diversi luoghi si è anche scatenata la violenza dei gruppi organizzati: è accaduto soprattutto a Milano, con sessanta agenti feriti, ma anche altrove ci sono stati scontri tra polizia e manifestanti «Pro Pal» che hanno tentato di bloccare stazioni, porti e tangenziali.

E proprio su questo punto si concentra la reazione politica del centrodestra che se la prende con quello che è accaduto - ha scritto sui social Giorgia Meloni la cui immagine, insieme a quella di Benjamin Netanyahu è stata bruciata a Milano - ad opera di sedicenti «Pro Pal», sedicenti «antifa», sedicenti «pacifisti» che «non cambieranno di una virgola la vita delle persone a Gaza» ma avranno «conseguenze sui cittadini italiani che finiranno per pagare i danni provocati da questi teppisti».

Il governo si concentra sugli scontri

Danni per pagare i quali sempre Salvini ha avanzato una proposta: chiedere preventivamente una cauzione agli organizzatori di simili manifestazioni, in maniera tale che si possa risarcire chi viene colpito dai violenti. La polemica con la sinistra politica e sindacale è evidente anche nelle dichiarazioni di altri esponenti del governo come il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

Va da sé che questo concentrarsi da parte del governo e dei suoi leader soprattutto sul «disordine pubblico» creatosi con le manifestazioni, è duramente criticato dalle opposizioni che invece esaltano il valore politico della partecipazione di decine di migliaia di persone che nelle piazze hanno gridato «Free Palestine». La violenza viene condannata dalla sinistra ma con la consueta distinzione tra i molti buoni e i pochi cattivi. E da qui Elly Schlein, Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni-Angelo Bonelli accusano il governo di avere una posizione ambigua su quanto sta accadendo nella Striscia. Meloni, dicono, non vuole dispiacere ai suoi alleati Trump e Netanyahu e per questo non condanna esplicitamente l’azione militare di Tel Aviv che comporta la morte di tanti civili. Conte aggiunge la ripetizione del suo «no» al programma di riarmo che il governo ha accettato in sede Nato di mettere in pratica.

Il posizionamento internazionale dell’Italia

In sostanza non c’è alcuna consonanza tra maggioranza e opposizione su questo come su altri cruciali temi di politica estera. Il governo italiano, insieme a quello tedesco e agli Stati Uniti, non condivide la decisione di Francia, Gran Bretagna e altri di riconoscere lo «Stato» di Palestina che in effetti non esiste. Per il ministro degli Esteri Antonio Tajani un simile riconoscimento deve arrivare al termine di un negoziato di pace nell’area, diversamente finisce per favorire soltanto le forze estremistiche e terroristiche come Hamas (che non a caso ha rivendicato al massacro del 7 ottobre la mossa diplomatica di Starmer e Macron). Il presidente della Francia ha organizzato insieme all’Arabia Saudita una conferenza «di alto livello» all’Onu sulla «soluzione a due Stati» cui però Meloni non parteciperà preferendo di farsi rappresentare da Tajani. La premier prenderà invece la parola domani all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, e sarà una buona occasione per definire con ampiezza di analisi la posizione italiana. Certo le opposizioni rileveranno che una tale spiegazione finora la premier l’ha negata al Parlamento italiano, delegando negli ultimi tempi sempre al ministro degli Esteri di intervenire in aula sulla guerra israelo-palestinese.

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