Fermare le guerre se Trump le accende

MONDO. La tragedia di Gaza sarebbe dovuta finire prima del suo insediamento altrimenti sarebbe stato «scatenato l’inferno»; quella russo-ucraina avrebbe trovato una soluzione «in ventiquattr’ore»; il nodo del programma nucleare iraniano si sarebbe sciolto una volta per tutte.

Tante sono state le promesse elettorali di Donald Trump, ma col passare delle settimane sono più le questioni che si complicano - o si aprono - che quelle che incontrano un lieto fine per merito della sua Amministrazione. Da quando il tycoon newyorkese è alla Casa Bianca - a parte tutto il discorso dei dazi - il mondo è piombato in una fase di instabilità e di imprevedibilità che non si osservava da tempo. Gli stessi Stati Uniti sono immersi nella bufera finanziaria di Wall Street tanto che non pochi analisti prevedono già un disastro per i repubblicani alle elezioni di Midterm tra un anno e mezzo. La politica del «common sense» (del buon senso) di Trump si sta scontrando con la dura realtà quotidiana di un mondo globalizzato, iperconnesso e iperdipendente come esso non lo è mai stato. E con problematiche ataviche di complessa soluzione.

Il crollo del prezzo del petrolio per i dazi di Trump è un’ottima notizia per Zelensky e per la pace. Al momento il bilancio federale segna meno 17 dollari al barile rispetto a quanto preventivato per il 2025. Il che significa che Putin avrà presto meno dollari (di quanto pensato sei mesi fa) da spendere in armi

Il conflitto a Gaza

Ma procediamo con ordine. A Gaza si continua a morire. Degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas non si ha notizia. Netanyahu si è precipitato a Washington senza che siano state rese note le vere ragioni. La mediazione Usa per l’Ucraina si è arenata per i «niet» di Putin. Secondo fonti di intelligence britannica e tedesca il Cremlino crede ancora di poter vincere militarmente. Quindi tergiversa, nonostante i soldi stiano finendo e a breve ci sia il rischio di una crisi economica di «non ritorno». Il crollo del prezzo del petrolio per i dazi di Trump è un’ottima notizia per Zelensky e per la pace. Al momento il bilancio federale segna meno 17 dollari al barile rispetto a quanto preventivato per il 2025. Il che significa che Putin avrà presto meno dollari (di quanto pensato sei mesi fa) da spendere in armi. Non stupisce, quindi, che da lunedì 7 aprile la Russia stia vendendo valuta per compensare le mancate entrate. Adesso stanno per iniziare in Oman colloqui «indiretti» tra Usa ed Iran sul programma nucleare. Giusto per non farsi mancare nulla, alla vigilia degli incontri, Teheran ha pubblicato fotografie dei suoi tunnel pieni di missili. Il messaggio è chiaro: chi ci attaccherà, pensando di radere al suolo le nostre centrali atomiche, avrà una risposta.

«L’impero celeste» è il vero obiettivo di Trump, che vuole ridimensionarlo, riducendo la portata della sua sfida alla leadership degli Stati Uniti

Evviva, quindi, la politica degli annunci gridati, delle minacce, degli insulti, dell’esibizione dei muscoli. Sembra quasi che i leader si stiano impegnando mediaticamente a chi la spari più grossa. Con tutte le possibili conseguenze sulle impaurite opinioni pubbliche. Nel panorama appena descritto manca ancora il capitolo cinese. «L’impero celeste» è il vero obiettivo di Trump, che vuole ridimensionarlo, riducendo la portata della sua sfida alla leadership degli Stati Uniti.

Ma cosa succederà, ci domandiamo, quando il tycoon metterà Pechino nel mirino ancor più dei dazi al 104%? Nelle scorse settimane sono circolate voci su preoccupazioni Usa nell’osservare le esercitazioni della Marina cinese davanti a Taiwan. Qualcuno, si dice, temeva addirittura un attacco all’«isola ribelle». Il tornare a parlarsi civilmente, sedendo attorno ad un tavolo trattando seriamente e non ripetendo slogan superati, è l’unica soluzione in un frangente confuso e per questo pericoloso. Anche perché, così facendo, Trump rischia di ottenere l’esatto opposto di quanto voluto. Guerre militari o commerciali, dice la storia, non sempre raggiungono gli obiettivi prefissati.

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