Baby gang, monitorati 1.200 adolescenti: «Cerchiamo di evitare il branco»

Il servizio è stato avviato lo scorso anno, si avvale di due operatori per contattare i gruppi informali: «Non delinquono, ma fanno i bulli e creano disordine».

Il Comune di Bergamo ha chiesto a due operatori di scendere in strada, per parlare a quei giovani che si incontrano in «gruppi informali» spostandosi da un luogo all’altro della città, in una sorta di transumanza guidata dai social.

Cosa fanno? Ascoltano musica «a palla» (sono tornati di moda gli stereo in spalla, come negli anni Ottanta), parlano tra loro, fanno i «bulli». A volte capita che i toni si alzino e scattino le risse, tra italiani e stranieri e tra diversi gruppi di stranieri. La situazione è monitorata in più zone della città, da Valtesse a Grumello al piano, passando per il centro e la stazione. In un anno gli operatori del progetto, ribattezzato «Giovani onde», hanno «contato» 1.200 giovani tra i 14 e i 18 anni, 43 gruppi informali e hanno avviato un colloquio informale con 160 ragazzi. Sempre in strada, questa scelta è ferma da parte dell’amministrazione: «L’esigenza di pensare a un progetto è nata la scorsa estate, quando già riscontravamo esuberanza eccessiva e vandalismo nei parchi – spiega l’assessore Loredana Poli -. Il progetto è partito sulla base di alcune segnalazioni, da parte dei cittadini e della Polizia locale. Pensavamo di avere a che fare con tanti gruppi diversi, ma molti sono gli stessi che si spostano tra il centro e le periferie, sono mobili».

Il progetto sta per toccare ad esempio Colognola, da cui un gruppo di ragazzi fa spola con il teatro Donizetti, e ancora il cortile delle case popolari di via Carnovali: «Essendo molto popolato - spiega Poli -, sono pervenute alcune osservazioni». Che annuncia la decisione di «intensificare il progetto, anche in altri luoghi della città. Apriremo anche un canale Instagram, dove gli operatori potranno dire ai ragazzi dove si trovano. Sono stata contattata anche dal presidente Teb (Filippo Simonetti, ndr) per valutare di allargare il progetto alla stazione Teb. Non succede niente di che, è un gruppetto di giovani stranieri che però sembra infastidire».L’assessore Poli non nasconde «la necessità di intervenire da parte degli operatori per calmare gli animi» e ammette la presenza «di gruppi che arrivano in città appoggiati da organizzazioni criminali che coinvolgono giovani stranieri, non coinvolti nel progetto». Ma allontana l’allarme baby gang: «Gli educatori si sono fatti un’idea precisa della composizione di questi gruppi: non si ritrovano per delinquere, fanno branco, disordine, bullismo».

L’obiettivo è parlare con i ragazzi, indicare loro strade alternative allo stare perennemente sulla strada: «C’è una collaborazione con il servizio per la grave marginalità e la polizia locale. Giovani onde è uno snodo con gli oratori, l’Informagiovani, i progetti del terzo settore, come “Good night”, dove gli operatori approcciano i ragazzi fuori dai locali fermandoli se alterati, il progetto “New Network”, centrato sul tema delle dipendenze da sostanze stupefacenti e ancora “Esclusi compresi” che lavora sui ragazzi che presentano situazione di marginalità». I ragazzi di cui parliamo non sono più quelli del «muretto», non c’è una «compagnia» fissa. La situazione è fluida, spiega la referente generale del terzo settore per le politiche giovanili del Comune: «Le compagnie fisse che eleggono un luogo di ritrovo, come negli anni Novanta, non ci sono più – spiega Claudia Curioni -. Stanno tornando gruppi che si aggregano ma che si muovono, spesso seguendo inviti o segnalazioni che arrivano dai social. In alcuni casi neanche si conoscono così bene tra loro, ma accolgono comunque l’invito ad incontrarsi spostandosi in continuazione»

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