
L'Editoriale
Giovedì 24 Aprile 2025
Kiev, scenario coreano per la fretta di Trump
MONDO. Dopo tre anni di buio pesto, con l’apertura di saltuarie finestre, è entrato il primo vero raggio di luce nel tunnel della tragedia russo-ucraina. La «tregua di Pasqua» rappresenta probabilmente la prova generale del prossimo armistizio.
Mosca e Kiev non intendono buttare alle ortiche un’occasione unica di fermare ostilità che sarebbero altrimenti destinate a durare anni. La minaccia Usa di mollare il tavolo delle trattative ha sortito effetto. Per Pasqua, Putin e Zelensky hanno continuato a lanciarsi la cosiddetta «palla» nel campo avverso, in maniera da non far sembrare di essere loro i cattivi e finire sulla lista nera di Donald Trump. Il primo ha a sorpresa annunciato un cessate il fuoco unilaterale di 30 ore per le festività; il secondo ha rilanciato proponendo di allungarlo ad un mese. Da quanto affermano i contendenti, si sono registrate violazioni della tregua. Ma sarebbe stato impossibile che non vi fossero in una situazione del genere.
Putin, che di solito si tiene aperte più possibilità di mosse, ritiene al momento che le trattative diplomatiche possano dargli quanto non riesce ad ottenere con l’«Operazione militare speciale». Stando ad analisi occidentali, con questa velocità di avanzata i russi dovrebbero arrivare ai confini amministrativi delle quattro regioni annesse - ma parzialmente controllate e inserite come status all’interno della loro Costituzione - non prima di 12 mesi. Ma a che tributo di sangue. Inoltre c’è l’aspetto finanziario-economico. Secondo gli esperti, la Russia è vicina ad una crisi di non ritorno tra inflazione alle stelle, capitali che scarseggiano, semi paralisi logistica con l’estero a causa delle sanzioni internazionali. Per la mancanza di pezzi di ricambio (che sono di apparecchiature occidentali) ad esempio, Mosca produce un milione di barili di petrolio in meno al giorno e, come scritto in un documento del governo federale, la Russia rischia di non essere più un Paese esportatore di «oro nero» entro il 2050.
Il Cremlino lega un cessate il fuoco duraturo ad un accordo negoziato. Nei giorni scorsi l’inviato Usa, Steve Witkoff, ha elencato alcuni dei termini di un’intesa. Essi, di fatto, sono vicini alle posizioni di Mosca. Da qui forse un’altra delle ragioni della proclamazione della tregua unilaterale da parte di Putin. Ma tali termini sono difficilmente accettabili da Kiev - fra i quali la perdita della Crimea (riconosciuta presto dagli Usa, come Mosca farà per la Groenlandia americana?), via domanda di adesione ucraina alla Nato, alleggerimento delle sanzioni.
Per la Russia il vero nodo sono proprio le sanzioni del G7, le quali minano il suo futuro sviluppo. Se si guardano i canali televisivi federali, il Cremlino sta preparando il Paese al 9 maggio, 80° anniversario della Vittoria nella Seconda guerra mondiale, e unisce questo evento a quanto succede in Ucraina. Per Putin, che ha l’urgenza di riprendere il controllo di tre distretti nella regione russa di Kursk in mano agli ucraini, sarebbe un successo mediatico eccezionale riuscire a festeggiare la vittoria dei nonni sui nazifascisti di ieri e allo stesso tempo dichiarare anche la vittoria sui nuovi «nazi-fascisti» di oggi in Ucraina come lo zar bolla in modo calunnioso la leadership di Kiev.
Ecco perché Trump ha fretta e dà a Zelensky una settimana. Allo stato attuale si fa concreto l’applicazione dello scenario coreano del 1953. Armistizio concordato o altrimenti cessate il fuoco unilaterale russo. Ognuno resta sulle sue posizioni. Come tra il 2015 il 2022, di nuovo, conflitto congelato. Con buona pace del diritto internazionale. Ma Zelensky, messo con le spalle al muro, e gli europei accetteranno?
© RIPRODUZIONE RISERVATA