La strage di civili a Kiev e le stragi quotidiane

MONDO. Giovedì scorso all’una di notte un missile di fabbricazione coreana KN-23 sganciato dai russi a Kiev su un quartiere residenziale ha ucciso 12 persone.

Nella stessa giornata 70 missili e 140 droni esplosivi lanciati ancora sulla capitale e su Zhytomyr, Dnipropetrovsk, Kharkiv, Poltava, Khmelnytskyi, Sumy e Zaporizhizhia: un assalto coordinato che ha spinto l’aeronautica militare polacca a far decollare i caccia per proteggere lo spazio aereo da bombe che avrebbero potuto deviare verso il suo territorio. Mercoledì scorso di mattina un drone ha colpito un autobus di nuovo nella regione di Dnipropetrovsk: sono morti nove operai diretti al lavoro. Ieri a Pavlohrad nell’attacco contro un edificio residenziale hanno perso la vita tre persone.

Continui raid

Da oltre tre anni i civili ucraini ogni giorno sono nel mirino dei raid su abitazioni, ospedali, scuole, negozi e centrali commerciali, nelle piazze e nelle vie, in città e villaggi lontani dal fronte, in aree prive di obiettivi militari. Dall’inizio dell’invasione su larga scala il 24 febbraio 2022, circa 2mila strutture mediche sono state danneggiate o abbattute, denuncia in un comunicato l’organizzazione non governativa «Medici senza frontiere»: «Negli ultimi mesi, gli ospedali di tutto il Paese hanno dovuto far fronte a numerosi afflussi di feriti e sono persino obiettivi. Le conseguenze degli attacchi sono enormi, registriamo un aumento dei casi di infarti e ictus, condizioni direttamente collegate allo stress prolungato. In Ucraina nessun ambito della vita quotidiana è immune dalla guerra. Le persone possono essere colpite in viaggio, mentre comprano il pane o lasciano i bambini all’asilo. Non c’è alcun avvertimento, nessun luogo sicuro».

La risposta a questi crimini non è «e allora a Gaza?», dove la vergognosa mattanza di palestinesi non si ferma. I mali non si elidono ma si sommano e la Russia dal 1945 al 2022 non ha subito alcun raid militare. Da quando sono iniziate le trattative fra gli Usa e il Cremlino, due mesi fa, i blitz con i droni in Ucraina sono aumentati del 50%. È il messaggio di Putin al popolo aggredito: un’escalation, il trattamento che vi aspetta se non accetterete la pace alle nostre condizioni. Le condizioni, salvo ripensamenti sperabili, sono quelle convalidate dal presidente americano Donald Trump in un piano: prevede un cessate il fuoco immediato e colloqui diretti fra Ucraina e Russia, già accettati dal presidente Volodymyr Zelensky; Kiev deve rinunciare all’ingresso nella Nato ma è libera di aderire all’Ue; i Paesi europei potrebbero schierare una forza di sicurezza per dissuadere Mosca da una nuova invasione, senza però garanzie degli Usa; la Casa Bianca offre il riconoscimento «de jure» della sovranità russa sulla Crimea, mentre è previsto il congelamento della linea attuale del fronte; l’Ucraina firmerebbe l’accordo sui minerali preziosi che consente alle aziende americane di accedere alle sue risorse. Il piano apre poi a una nuova relazione tra Washington e Mosca, affermando che le sanzioni statunitensi verrebbero revocate per cooperare nel campo economico ed energetico.

«Questa pace, in realtà, è solo un intervallo tra le guerre»

Ma l’annessione di territori attraverso l’uso della forza è illegale: per l’Ucraina, che dovrebbe cambiare la propria Costituzione, un impegno che Zelensky non ha titolo di prendere. Ma vale anche per il resto della comunità internazionale: dopo 58 anni, nessun Paese riconosce l’annessione israeliana di Gerusalemme Est e solamente gli Stati Uniti, proprio durante la prima amministrazione Trump nel 2019, hanno riconosciuto la presa di Tel Aviv delle alture del Golan appartenenti alla Siria, oltre alla sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale come «premio» per aver normalizzato i rapporti con Israele. La pace giusta non esiste, come si ripete con rassegnazione nei dibattiti televisivi e sui social. ll mondo «crede di ottenere la pace attraverso la forza, con le conquiste e con varie forme di imposizione. Questa pace, in realtà, è solo un intervallo tra le guerre» disse Papa Francesco nell’aprile 2022.

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