
L'Editoriale
Martedì 16 Settembre 2025
Le minacce del Cremlino fra storia e ambizioni
MONDO. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha dichiarato che «la Nato è di fatto coinvolta» nel conflitto russo-ucraino per il sostegno dei Paesi occidentali a Kiev. Ma è una contraddizione: la propaganda moscovita ha fatto presa anche in Italia indicando già come causa dell’invasione su larga l’allargamento nell’Est Europa dell’Alleanza Atlantica.
Se però è sbagliata l’analisi, anche le risposte rischiano di essere sbagliate. La prima estensione avvenne nel 1999 con l’ingresso di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, preceduto nel 1997 dal Trattato di Parigi con il quale Mosca e la Nato concordarono i tipi d’arma dei quali gli Stati aderenti potevano disporre: non missili a lungo raggio in grado di colpire la Russia ma antibalistici (per mettere fuori uso eventuali razzi lanciati sul proprio territorio) e non ordigni nucleari. Un accordo che è sempre stato rispettato anche nei successivi allargamenti. Ci sono dichiarazioni pubbliche e interviste del 2002 nelle quali Vladimir Putin afferma di non avere nulla in contrario all’ingresso dei Paesi Baltici nella Nato perché «sono Stati indipendenti». «Anche l’Ucraina» rispose a un giornalista durante una conferenza stampa a un vertice dell’Alleanza Atlantica il 28 maggio 2002, con al fianco Silvio Berlusconi. Allora la Russia era nella coalizione internazionale contro il terrorismo post 11 settembre, aprì i propri cieli e le basi asiatiche ai caccia angloamericani per bombardare l’Afghanistan. In cambio incassò un sostanziale silenzio sulla definitiva soppressione nel sangue dell’indipendentismo ceceno. Sempre nel 2002 venne istituito il Consiglio di cooperazione e sicurezza Russia-Nato, ancora formalmente in vigore.
I tempi cambiati
Altri tempi: erano ancora quelli del disgelo post Guerra Fredda. Al suo termine gli Usa avevano 350mila soldati in Europa, oggi sono 80mila. Gli Stati europei hanno smantellato la leva militare obbligatoria e la spesa in armi media dei Paesi Nato è scesa dal 5% del Pil nel 1986 a meno del 3% del 2000 (la fonte è l’autorevole Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma), risalita negli anni post 11 settembre e poi nuovamente ridiscesa. Non proprio una postura da imminente conflitto alla Russia. La curva è tornata in ascesa con l’invasione dell’Ucraina nel 2022, mentre dal 1999 Mosca ha incrementato la stessa spesa fino all’attuale 7,5% del Pil. Sono cifre in proporzione al Prodotto interno lordo e l’Alleanza spende in termini assoluti molto più del Cremlino. Ma gli andamenti ribadiscono la centralità del conflitto ucraino.
Non possiamo più contare sugli Usa ed è venuto il momento di scelte adeguate al cambio d’epoca, anche con una diplomazia europea finalmente protagonista e ambiziosa, per andare a vedere le «carte» di Mosca, nel disegno di un nuovo multilateralismo nel mondo
La postura di Putin è cambiata quando ha compreso il declino degli Usa, con l’avvicinarsi delle sconfitte nelle guerre in Afghanistan e Iraq, e ha messo in pratica l’obiettivo di riportare sotto Mosca la riluttante Ucraina, «il non Stato» come lo ha definito più volte, per «riprendere i nostri territori». La Russia non vuole attaccare militarmente l’Europa occidentale, è animata da revanscismo imperiale (la storia non era finita con la fine dell’Urss…) nel ritorno a sfere di influenza a Est e nel contrastare l’unità dell’Ue anche attraverso la documentata guerra ibrida per dividere, sostenendo partiti sovranisti occidentali e diffondendo propaganda. La risposta non va condizionata dalla speculazione della paura, ma da saggezza e razionalità. Non possiamo più contare sugli Usa ed è venuto il momento di scelte adeguate al cambio d’epoca, anche con una diplomazia europea finalmente protagonista e ambiziosa, per andare a vedere le «carte» di Mosca, nel disegno di un nuovo multilateralismo nel mondo. Il nodo resta la martoriata Ucraina, il «non Stato» che invece vuole continuare a esistere. Non entrerà nella Nato ma chiede forti garanzie di sicurezza ed è disponibile a congelare lo status dei territori annessi da Mosca. Non una pace giusta ma certa: gli ucraini non vogliono diventare «sfera di influenza». Il costo del folle disegno criminale è insostenibile, la guerra finirà quando Putin ne prenderà atto.
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