Sull’Ucraina continuità non scontata del governo

IL COMMENTO. Pace nella giustizia: pace vera, non una resa. Non c’erano dubbi, attese rispettate: è andata bene la visita di Zelensky a Roma, la prima dall’invasione russa e dopo l’incontro di febbraio a Kiev con Giorgia Meloni. «Pienamente al vostro fianco», ribadisce Mattarella, che negli interventi di questi mesi ha sempre condannato l’aggressione di Mosca. «La nostra vittoria è la pace», dice il leader ucraino.

«L’Italia continuerà a fornire il supporto necessario, anche militare, affinché si arrivi a una pace giusta per l’Ucraina, che potrà esserci solo se la Russia cesserà le ostilità», insiste la premier. Incontri ravvicinati calorosi pure sul piano umano, con parole non semplicemente dettate dal galateo istituzionale: i protagonisti possono sentirsi rassicurati. L’Italia, conferma Zelensky, è dalla parte giusta. Sia con Draghi sia con Meloni, e con la bussola del presidente della Repubblica, s’è mossa nel solco della solidarietà euro-atlantica. Una continuità con i due governi, non scontata inizialmente e messa in campo nonostante le sbandate di Salvini e Berlusconi: il vicepremier non ha fatto parte della delegazione italiana (i ministri Tajani e Crosetto con il sottosegretario Fazzolari), sostenendo che la sua presenza non era prevista dal protocollo.

Anche il nuovo Pd non sta seguendo su questo punto i Cinquestelle. Vicinanza concreta alla resistenza ucraina vuol dire non solo armi, ma anche sanzioni alla Russia, ricostruzione e sostegno all’ingresso dell’Ucraina nell’Ue: passaggio con ostacoli, in quanto sposterebbe gli equilibri in Europa e nella Nato rafforzando l’area Nordest, ma che viene comunque percorso quale garanzia democratica e di sicurezza geopolitica.

La visita è servita per una ricognizione costruttiva su un contesto in evoluzione e tale slancio spiega la ricerca di Zelensky, instancabile comunicatore e voce di un popolo coraggioso, al massimo consenso internazionale. Il presidente ucraino ha chiesto e ottenuto il pieno sostegno politico da parte dell’Italia. Per questo ha programmato il viaggio a Roma insieme a quello di oggi in Germania. Zelensky deve assicurarsi la sponda del gruppo di testa del continente (Berlino, Parigi, Roma), quello che più conta sul piano strategico, dopo aver ottenuto dagli anglosassoni, dai baltici e dai Paesi nordici le dotazioni necessarie alla controffensiva ucraina data per possibile se non per imminente, mentre nella ridotta di Bakhmut le truppe di Kiev stanno avanzando.

La sensazione è che le crescenti difficoltà militari ed economiche del regime di Putin stiano accelerando i piani dell’Occidente e della Cina. Si starebbero rafforzando i canali negoziali per scongiurare il rischio di una vietnamizzazione del conflitto. Un obiettivo che passa anche dal disgelo fra America e Cina: la diplomazia di Pechino, pur con le sue ambiguità, è in movimento e domani l’inviato di Xi è a Kiev, poi in Polonia, Francia, Germania e Russia. Macron sta lavorando a un piano di pace, senza dimenticare che la Turchia di Erdogan, parte in causa nel ruolo di mediatore, oggi va al voto.

La tappa italiana, un Paese speciale in questa trama, acquista così una dimensione più definita perché s’inserisce in un rilancio diplomatico su tutti i fronti per una chiusura del conflitto e che suona anche come un’ultima occasione offerta allo zar per accettare una trattativa. Pur sapendo che in parallelo sarà il terreno, cioè l’esito della controffensiva ucraina, a stabilire le precondizioni per uscire dal quadro bellico. Il tempo diventa vincolo necessario per la tenuta delle opinioni pubbliche nei Paesi più sensibili, come Italia e Germania, e perché a fine anno l’America entra in campagna elettorale.

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