Cosa rimane a 50 anni dalla guerra in Vietnam

MONDO. Sono già trascorsi cinquant’anni dalla fine del conflitto in Vietnam, ma pare siano passati secoli. L’odierno mondo globalizzato è infatti molto diverso da quello di allora, caratterizzato da ostilità coloniali e dalla Guerra Fredda.

Tuttavia le ferite, provocate da quell’immane spargimento di sangue, non sono ancora rimarginate. Ricordare quanto accaduto, e le cause di una tale tragedia, serve per evitare il ripetersi oggi degli stessi errori. Nel 1954 dopo aver sconfitto i francesi a Dien Bien Phu, il Vietnam venne diviso temporaneamente in due, al 17° parallelo secondo gli accordi di Ginevra. Il Nord sotto la guida di Ho Chi Minh era comunista; il Sud, a conduzione filo-americana, capitalista.

Ma a differenza di quanto avvenuto in Germania e in Corea, il Vietnam rifiutò di accettare tale divisione artificiale come permanente. Per Ho Chi Minh e i suoi sconfiggere «l’imperialismo Usa» significava soprattutto mantenere l’unità del Paese.Temendo un «effetto domino» causato dall’espansione del comunismo, gli Stati Uniti intervennero direttamente nel 1965 con i classici «stivali sul terreno».

Seguì una guerra devastante che provocò la morte di 3,8 milioni di civili; 11 milioni di profughi; l’avvelenamento di larghe zone di territorio per l’uso di armi chimiche, come l’Agente Orange, i cui effetti sulla salute delle successive generazioni sono ancora visibili.

Da Saigon a Kabul

Il 30 aprile 1975 l’epilogo definitivo - con l’ultimo elicottero a stelle e strisce che si alzava in volo dall’ambasciata Usa di Saigon, con centinaia di persone in fuga abbandonate al loro destino sul tetto della missione diplomatica americana. Quell’immagine drammatica ha rappresentato per un ampio fronte la dimostrazione che l’Occidente poteva essere sconfitto. La stessa terribile immagine si è rivista a Kabul il 15 agosto 2021, quando civili afghani, arrampicatisi sugli aerei da trasporto Usa in decollo, sono volati nel vuoto, mentre migliaia di persone all’aeroporto imploravano di salire su qualche velivolo occidentale per scappare dal ritorno al potere dei talebani.

Quali conseguenze hanno provocato questi due ritiri a rotta di collo, interpretati come segnali di forte debolezza? Dopo manco quattro anni dalla fine della guerra in Vietnam, grazie anche al prezzo alle stelle degli idrocarburi, nel dicembre 1979 l’Urss attaccò l’Afghanistan; dopo pochi mesi dai fatti di Kabul, il 24 febbraio 2022, la Russia ha iniziato operazioni militari in Ucraina.

Il disastro mediatico della guerra in Vietnam

Il disastro mediatico ha quindi acuito la sconfitta militare e politica, il cui costo si è rivelato astronomico non solo finanziariamente ma soprattutto in termini di perdite di vite umane.

E se domani gli Stati Uniti si ritirassero dall’Europa – forse in maniera più ordinata – come il presidente Usa Trump ha lasciato intendere? Cosa succederebbe visto che in Ucraina si combatte già? Dopo venti anni dalla fuga da Saigon, in concomitanza con la fine della Guerra Fredda, Vietnam e Stati Uniti riallacciarono relazioni bilaterali, elevate nel 2023 a «partnership strategica», oggi messa in pericolo dai dazi di Trump.

Colpisce leggere le affermazioni dei vertici vietnamiti in occasione delle celebrazioni per il 50° anniversario della «riunificazione». «Tutti i vietnamiti – vi è scritto – hanno la libertà di perseguire la felicità e l’amore in questo Paese. Il popolo e le Forze armate promettono di fare del Vietnam un Paese di pace, unità, prosperità, sviluppo». Appunto: felicità, amore, pace, prosperità. Chi non si è dimenticato gli orrori della guerra sa quale è l’obiettivo da raggiungere.

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