Cronaca / Bergamo Città
Lunedì 01 Dicembre 2025
Disabilità, con la nuova legge 106 più tutele per 20mila bergamaschi. «Ma non basta»
LE MISURE. Oltre alla «104», un permesso di 24 mesi e smartworking agevolato. I sindacati: «Passo avanti, tuttavia non è previsto il versamento dei contributi». Da marzo via alla riforma: «Rischia di essere frenata dalla burocrazia».
È un’esigenza sentita perché incide nella vita delle persone care, e sarà sempre più diffusa alla luce dei trend demografici. Per i lavoratori che si prendono cura di un familiare fragile o malato, un «pilastro» fondamentale è la legge 104. A questa si è affiancata recentemente la nuova legge 106, approvata lo scorso luglio e destinata via via ad aggiungere dei tasselli: dopo l’istituzione del primo congedo non retribuito di 24 mesi, che può essere richiesto però solo dai dipendenti malati (quindi non dai caregiver), da gennaio entrerà in vigore un permesso retribuito di 10 ore annue per i lavoratori che necessitano – per se stessi o per un figlio minore – di visite, esami o cure mediche frequenti. In più, sempre questo recente provvedimento agevola il ricorso allo smart working e – novità ulteriore – dà agli autonomi la possibilità di sospendere incarichi continuativi fino a un massimo di 300 giorni.
I bergamaschi interessati
Potenzialmente sono parecchie migliaia i bergamaschi interessati. Si tratta di un discreto potenziamento che si aggiunge appunto a quanto già determinato dalla legge 104, che dal 1992 consente di usufruire di permessi periodici (tre giorni al mese, per se stessi o per l’assistenza di un parente) o anche di un congedo retribuito di due anni. Stando ai dati regionali dell’Inps, in provincia di Bergamo si possono stimare tra i 10mila e i 20mila lavoratori che ogni anno richiedono i benefici legati alla 104.
Tra l’altro, a breve sono attese novità anche su un tema complementare. Nel 2027 a livello nazionale si completerà la «riforma della disabilità», intesa come un cambio dell’iter per l’accertamento di tale condizione, rendendo l’Inps il gestore unico del processo di accertamento: alcune province-pilota, tra cui la vicina Brescia, hanno però già fatto da apripista, e da marzo 2026 la sperimentazione sarà estesa anche a Bergamo.
Riforma tra luci e ombre
Insomma, è un periodo di significativa rimodulazione normativa. Ma si sta andando nella giusta direzione? I commenti dei sindacati restituiscono un insieme di ombre e luci. «Sicuramente l’attenzione al tema è un dato positivo – premette Angelo Murabito, della segretaria provinciale della Cisl, focalizzando l’attenzione sulla legge 106 -. Un elemento di debolezza è che per il congedo straordinario non retribuito non è prevista nemmeno la contribuzione figurativa, e questo è un problema di notevole rilevanza perché crea delle diseguaglianze anche sul lungo periodo in chiave pensionistica: come Cisl, abbiamo promosso la presentazione di un emendamento che possa sanare questa contraddizione. È bene, poi, che venga stabilita una corsia preferenziale per l’accesso allo smart working da parte di persone in situazione di vulnerabilità: tuttavia questa priorità è sempre soggetta a disposizioni organizzative dell’azienda, quindi si mantiene una discrezionalità in capo al datore di lavoro che cozza con la finalità della norma».
Anche per Orazio Amboni, del Dipartimento Welfare della Cgil Bergamo, la legge 106 è solo un «piccolo passo avanti con alcuni elementi da valutare alla prova dei fatti, da tenere poi in considerazione insieme alla riforma della disabilità». «L’introduzione delle 10 ore annue retribuite è migliorativa, ancorché limitata – rimarca Pasquale Papaianni, coordinatore territoriale della Uil Bergamo -: si va a uniformare una situazione che al momento è frammentata a seconda del contratto di categoria. Bisognerebbe pensare poi a misure su un altro tema di carattere sanitario, e cioè tutto ciò che ha a che fare con la fertilità e l’assistenza in questo ambito, anche alla luce dell’inverno demografico».
Il freno della burocrazia
Amboni ritorna poi sulla riforma della disabilità: «Da un lato il decreto contiene innovazioni importanti con la definizione del “Progetto di vita” per le persone con disabilità e come il “Budget di progetto”, cioè il superamento della frammentazione delle risorse economiche stanziate dai vari capitoli di spesa non dialoganti tra loro, ma genera preoccupazione la maggior complicazione degli adempimenti burocratici che rischiano di allungare i tempi per l’accesso alle prestazioni assistenziali. L’esperienza di Brescia conferma la fondatezza dei timori, con un calo del 16,5% delle domande presentate tra 2024 e 2025, mentre solo il 43,8% delle domande presentate ha ottenuto la certificazione.
Perché i contenuti più efficaci della riforma producano qualche effetto è necessario che le istituzioni creino le condizioni necessarie: devono finalmente essere funzionanti tutte le Case di comunità con i relativi Punti unici di accesso e le Unità di valutazione multidimensionale; insieme alla predisposizione di accordi operativi concordati tra Ambiti territoriali e le Asst e la predisposizione dei budget di progetto in cui confluiscano le nuove risorse e quelle impegnate negli interventi già in atto». Anche secondo Murabito «l’esperienza bresciana ha evidenziato alcune criticità: servirebbe in primis potenziare gli organici dell’Inps, visto che è stato accentrato in capo all’ente un importante lavoro burocratico. Al tempo stesso, la norma ha disposto una stretta dei controlli sui permessi 104: chiaramente siamo contro gli abusi, ma questi accertamenti non devono essere uno strumento di compressione dei diritti».
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