Ucraina, la guerra raccontata dalle vittime: «Ascoltarle per rispetto e per conoscere»

IL LIBRO. In «L’inverno ucraino. Reportage dall’abisso» (Oltre Edizioni) raccolti i reportage di Andrea Valesini, caporedattore de «L’Eco di Bergamo», scritti dal marzo 2022. I luoghi dei crimini, le testimonianze, il bene in risposta al male.

Recentemente, parlando agli operatori della comunicazione, Leone XIV ha sottolineato la necessità di un’informazione giornalistica che ci faccia uscire «dalla “Torre di Babele” in cui talvolta ci troviamo, dalla confusione di linguaggi senza amore, spesso ideologici o faziosi». Ci pare siano stati all’altezza di questo compito i reportage dall’Ucraina di Andrea Valesini, pubblicati su L’Eco di Bergamo, a partire dal marzo del 2022. Questi articoli sono ora stati raccolti nel volume «L’inverno ucraino. Reportage dall’abisso» (Oltre Edizioni, pp. 158, 16 euro, disponibile anche in formato digitale a 9,50 euro). Il libro è corredato da 19 fotografie di Giovanni Diffidenti e una di Marcello Personeni. Domenica 22 giugno alle 18 verrà presentato dall’autore, caporedattore del nostro giornale, a Bergamo nell’ex sala consiliare di via Tasso, per iniziativa delle associazioni «Liberi, Oltre le Illusioni» e «Zlaghoda». Interverrà anche Olga Golovchak, presidente di «Zlaghoda». A moderare Daria Romanenko, studiosa di storia ucraina.

Valesini, lei negli anni Novanta era stato testimone della guerra civile in Bosnia ed Erzegovina e dell’assedio di Sarajevo. Per quanto riguarda invece la guerra in Ucraina: aveva già visitato quel Paese, prima del febbraio 2022?

«No, non vi ero mai stato, anche se avevo in animo di farlo, perché la badante di mio padre, che è cittadina di quel Paese, me ne aveva molto parlato. Dopo l’inizio dell’invasione russa – l’invasione “su larga scala”, va sottolineato, successiva all’annessione illegale della Crimea avvenuta nel 2014 - ho deciso di partire. Ho compiuto diversi viaggi, visitando un gran numero di località, vicine alla linea del fronte ma anche nelle retrovie, dove erano sfollate centinaia di migliaia di profughi. Incontrando le persone, mi sono imposto per prima cosa di ascoltarle: di raccogliere e riportare quello che loro desideravano raccontare ed esprimere, per conoscere e per rispetto. Una nota aggiuntiva: nel mio volume, per un motivo di chiarezza espositiva, ho mantenuto la trascrizione dei toponimi finora più diffusa in Italia (per esempio, ho scritto Kiev e non Kyiv, Leopoli e non Lviv, e così via)».

Della guerra in Ucraina lei non propone un’analisi in chiave geopolitica, in aggiunta alle tante che in questi anni abbiamo letto sui giornali o ascoltato nelle trasmissioni televisive.

«Analisi che in alcuni casi mi sono parse decisamente fuorvianti, per non dire menzognere. No, il mio non è un libro sulle cause del conflitto, ma sugli effetti nella vita quotidiana delle persone. Ho visitato luoghi dove sono stati perpetrati crimini di guerra, denunciati da numerose Ong e documentati in modo inoppugnabile anche mediante indagini condotte dalle Nazioni Unite. Però ho voluto raccontare pure come la popolazione ucraina resista giorno dopo giorno, caparbiamente, spesso in situazioni in cui – come ha detto qualcuno – sopravvivere costa più fatica che lasciarsi morire».

Riguardo a quello che ha appena detto, circa il rischio che la realtà di quanto è avvenuto e sta avvenendo sia mistificato a livello mediatico: nei talk televisivi talvolta prendono la parola dei commentatori che a Kiev o nel Donbas non sono mai stati.

«A me pare che su questo tema, anche in Italia, sia abbastanza diffuso un atteggiamento fintamente benevolo, ma in realtà “neocolonialista”: si parla spesso dei “poveri ucraini”, che verrebbero mandati a morire da Volodymyr Zelensky in una “guerra per procura”, funzionale agli interessi dei Paesi occidentali. Girando per l’Ucraina, si capisce che la gente non la pensa affatto così: ci sono giornali e altri media che criticano anche singoli aspetti della politica del governo, com’è normale che avvenga in uno Stato democratico, ma l’invasione del 2022 ha avuto un tale impatto sulla popolazione da unirla in uno sforzo comune di resistenza. In ogni reportage viene raccontato questo sforzo e il bene che agisce in mezzo al male, il sostegno delle Ong anche italiane e del volontariato ucraino».

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