La tragedia s’inasprisce e si risolverà solo a Mosca

Il commento. Siamo arrivati prima del previsto al punto di svolta. Gli specialisti sapevano infatti perfettamente che il pericolo atomico si sarebbe concretizzato con il tentativo di Kiev di riprendersi la Crimea, strategicamente la vera causa principale del contendere. La sorpresa è semmai che le seconde più potenti Forze armate al mondo hanno mostrato lacune insospettabili, che - in aggiunta alle eccezionali sanzioni comminate dall’Occidente e al diniego cino-indiano di fare fronte comune - costringono il Cremlino ad uscire al più presto dalla palude ucraina.

Da febbraio isolato internazionalmente e in un vicolo cieco, Vladimir Putin oggi non ha più scelta. Sa perfettamente che, per mantenere il potere, deve presentare al Paese un qualcosa di simile ad una vittoria ai danni dei tradizionali nemici occidentali che vogliono «distruggere la Russia». I «neonazisti» sono sull’uscio di casa è il messaggio recapitato. Il capo del Cremlino reagisce da russo, sbattendo i pugni sul tavolo e ponendo le sue condizioni. Dice insomma: dove si trovano le nostre Forze armate in Ucraina quello è territorio nostro. Laggiù le popolazioni locali, in un libero referendum, voteranno per unirsi alla Grande Madre Patria. Entrando a far parte della Federazione russa, quelle terre non saranno più attaccabili, altrimenti si rischierebbe di venire colpiti «con tutti i mezzi a disposizione». Compresa l’arma atomica. «Non è un bluff», ha sottolineato Putin.

La tragedia ucraina entra nella tanto temuta «fase 2», forse quella decisiva, dove si farà ancora più tremendamente sul serio e qualcuno potrebbe avvicinare il dito al cosiddetto bottone rosso

La sua speranza è che gli occidentali si impauriscano e fermino l’invio di armi, così determinanti negli ultimi mesi, agli ucraini in rapida controffensiva. Poi, chissà, si potrebbe giungere ad una tregua, congelando il conflitto, come accaduto nel 2015. Una soluzione questa per lui comoda, ma considerata disastrosa da Kiev e dagli occidentali, poiché non cancellerebbe il rischio di un futuro nuovo attacco russo. La tragedia ucraina entra pertanto nella tanto temuta «fase 2», forse quella decisiva, dove si farà ancora più tremendamente sul serio e qualcuno potrebbe avvicinare il dito al cosiddetto bottone rosso. Il quale invero nell’attuale scenario di scontro corrisponde a testate con cariche nucleari limitate, utilizzabili su campi locali di battaglia. Giusto per fermare un esercito in avanzata. Se ciò dovesse disgraziatamente accadere, ha già messo le mani avanti nei giorni scorsi il presidente Usa Biden, saranno dolori per la Russia. Allora sì che il mondo si troverebbe davanti al pericolo di una guerra atomica tra grandi Potenze. La disastrosa «fase tre» potrebbe iniziare.

Da abile giocatore di poker Putin si prepara allo stesso tempo al peggio, dichiarando la «mobilitazione parziale». Da quanto riportano gli stessi dispacci federali le sue Forze armate mancano di personale. Quegli uomini serviranno al prosieguo di un conflitto tradizionale e per mettere in sicurezza il Paese e le nuove regioni che entreranno dal 27 settembre nella Federazione. È il classico «arrocco», come negli scacchi, giocato costantemente dai russi quando sono in difficoltà. Per i non avvezzi, ci si chiude a riccio in difesa.

La «mobilitazione» dichiarata è un segnale di debolezza del Cremlino, che fino ad oggi ha presentato all’opinione pubblica interna gli eventi in Ucraina come «un’Operazione militare speciale», e può diventare per Putin un boomerang spaventoso

La «mobilitazione» dichiarata è un segnale di debolezza del Cremlino, che fino ad oggi ha presentato all’opinione pubblica interna gli eventi in Ucraina come «un’Operazione militare speciale», e può diventare per Putin un boomerang spaventoso. Finora infatti la quotidianità dei cittadini russi è stata preservata. Dal 21 settembre non è più così per 300mila persone che lasciano la vita civile. La «corazza», costruita da febbraio da gran parte della popolazione per difendersi dalla tragedia ucraina, non terrà più. E allora che cosa succederà? Quali reazioni avrà la società russa? Nessuno è in grado di prevederlo. Gli specialisti ripetono che i poteri verticali, all’apparenza solidissimi, possono crollare nell’arco di poche ore. In conclusione. Lo si sa fin dal 2014: questa tragedia, che va in scena sui campi di battaglia ucraini, può trovare soluzione solo a Mosca. È lì che si deve da oggi guardare.

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