Nucleare e armi, nuovi «equilibri» del terrore

MONDO. È meglio prepararsi al peggio ad Est in una situazione in rapido deterioramento come l’attuale.

Forse solo così si avranno maggiori possibilità di evitare scenari addirittura catastrofici. Due sono le novità delle ultime settimane: la rivolta fallita della compagnia privata militare Wagner, con il trasferimento e acquartieramento di alcune sue unità in Bielorussia, e il dispiegamento del nucleare russo sempre sul suolo bielorusso. Tali novità destabilizzanti determinano la necessità di celeri contromosse sia da parte

dell’Ucraina sia da parte dell’Alleanza atlantica. Chi può dare garanzie che le unità della Wagner, fedeli all’ex «cuoco del Cremlino» Evghenij Prigozhin, all’improvviso non attacchino Kiev dalla Bielorussia, come è già successo nel febbraio 2022 con le truppe regolari federali, allora impegnate ufficialmente «in manovre»? E perché no, in uno scenario da scontro globale – evidenziano i polacchi e i baltici – che quegli stessi mercenari non possano essere utilizzati persino contro il «fianco orientale» della Nato?

Un paio d’anni dopo l’annessione della Crimea da parte del Cremlino e l’inizio del conflitto in Donbass, gli occidentali hanno posizionato nel Baltico loro battaglioni leggeri. L’obiettivo era di scoraggiare l’arrivo da oltre frontiera di mazzieri in grado di assaltare gli edifici, sedi delle istituzioni statuali, e di rovesciare le locali autorità, come avvenne a Donetsk e Lugansk nel 2014. Adesso serve ben altro: i mercenari russi sono equipaggiati meglio di un esercito e hanno mostrato all’opinione pubblica cosa sono in grado di fare. Per tale ragione Varsavia desidererebbe essere dotata anche lei di armi pesanti della Nato. Insomma, tutta l’architettura post Guerra Fredda - con armi pesanti alleate mai ad Est dell’Oder - andrà definitivamente in archivio.

Stesso discorso per il nucleare. Con una mossa scontata, Mosca ha fornito a Minsk - che è ampiamente inglobata nello spazio comune di difesa – armi tattiche atomiche. L’idea del Cremlino è che se un Paese è dotato di tali strumenti di deterrenza mai e poi mai potrà essere attaccato. Nell’estate del 2020 il locale presidente, Aleksandr Lukashenko, ha rischiato di essere rovesciato dal suo stesso popolo infuriato per elezioni piene di brogli. Il messaggio di Putin è chiaro: «No a rivoluzioni colorate» a Minsk istigate dall’Occidente. La Polonia fa sua questa stessa logica di deterrenza e al vertice della Nato in programma a Vilnius dall’11 al 12 luglio, a cui parteciperà pure il presidente Usa Biden, chiederà di avere un suo arsenale nucleare. Le spartizioni dei secoli passati potrebbero così diventare un ricordo.

In breve, ad Est tra i «non belligeranti» (russi e occidentali) si va verso un equilibrio del terrore, basato sull’esibizione di muscoli. Questa stessa logica potrebbe essere applicata in futuro alla stessa Ucraina se la controffensiva di Kiev non dovesse giungere presto a risultati tangibili con la riconquista di molti dei territori persi. Washington si starebbe preparando a fornire a Zelensky armi a lunga gittata capaci di colpire ben dentro la Federazione russa, in particolare la Crimea. In pratica, russi e ucraini si troveranno con i «fucili puntati» l’uno contro l’altro. Per evitare ulteriori danni – questa volta realmente reciproci - i «belligeranti» saranno indotti a più miti consigli, a negoziati seri. Secondo la stampa Usa questa è una delle strategie per raggiungere una tregua duratura, che, però, potrebbe non essere il preludio della pace e della composizione definitiva della questione russo-ucraina.

© RIPRODUZIONE RISERVATA