
( foto ansa)
MONDO. È iniziato in Turchia il complesso negoziato russo-ucraino. Servirà un miracolo, diciamolo subito, per giungere ad un accordo: meglio non farsi troppe illusioni.
Bisogna, però, tentare di fare qualcosa per fermare una tragedia spaventosa che rischia di tramutarsi in qualcosa di molto peggiore. A Istanbul si sperava nel classico colpo di teatro, che non poteva di certo materializzarsi il primo giorno ufficiale dei lavori, con l’arrivo inatteso dei «pesi massimi», ossia dei presidenti - Putin, Zelensky e Trump - gli unici in grado di sbloccare la situazione. Ma prima o poi, è inutile girarci attorno, sarà inevitabile - se si desidera davvero la pace - organizzare un summit dei leader, che dovranno assumersi le loro responsabilità politiche davanti alle proprie opinioni pubbliche nazionali anche con scelte impopolari. Adesso, però, siamo soltanto alle battute iniziali di questo primo atto. Un atto in cui si sono sprecati gli insulti («clown», «circo»), le scortesie e si è osservato il solito armamentario di astuzie diplomatiche.
Proprio la squadra di Kiev è stata attesa dai russi ad Istanbul per tutta la giornata per l’inizio dei colloqui, mentre Zelensky incontrava ad Ankara l’omologo turco Erdogan e Medinskij gridava ai quattro venti sul Bosforo che aveva tutti i mandati per trattare al massimo livello
Ma andiamo con ordine. Non appena Mosca ha annunciato la composizione della sua delegazione, si è compreso subito che la Russia aveva compiuto il tradizionale mezzo passo rispetto all’atteso passo intero. Dopo una lunga riunione con tutti i più alti funzionari dello Stato, il Cremlino ha riconfermato lo stesso capo negoziatore della primavera 2022, Vladimir Medinskij, e ha indicato espressamente che si doveva proseguire dal punto in cui le trattative si erano interrotte «per colpa degli ucraini» e dell’allora «premier britannico Boris Johnson». Già criticato ministro della Cultura, Medinskij è un semplice consigliere presidenziale. In breve, delegazione di «profilo basso», hanno attaccato gli ucraini che avevano inserito nella loro squadra di negoziatori dei ministri. Proprio la squadra di Kiev è stata attesa dai russi ad Istanbul per tutta la giornata per l’inizio dei colloqui, mentre Zelensky incontrava ad Ankara l’omologo turco Erdogan e Medinskij gridava ai quattro venti sul Bosforo che aveva tutti i mandati per trattare al massimo livello. Per l’assenza di Putin il palcoscenico mediatico è stato così completamente occupato dal presidente ucraino. Zelensky ha rilanciato la posizione ufficiale di Kiev: ossia ci si può accordare su tutto o quasi, ma l’integrità (Crimea compresa) e la sovranità territoriale del suo Paese non sono discutibili. Con una delegazione russa di quel livello, ha poi aggiunto, si può concordare solo il cessate il fuoco in un tempo massimo negoziale di due giorni.
In pratica si disconoscono le trattative della primavera 2022, al contrario punto di partenza per i russi. Un punto di partenza, a dire il vero, non tanto chiaro e nemmeno concordato fra le parti. L’allora premier israeliano Bennett, che partecipò al negoziato del 2022, ha affermato di aver visto 17 o 18 bozze di lavoro differenti, alcune simili tra loro, altre contenenti condizioni opposte. Insomma il solito caos. I nodi più difficili riguardavano le garanzie di sicurezza da accordare all’Ucraina. Allora Kiev, che potenzialmente aveva accettato di non poter aderire alla Nato, non aveva avuto il tempo di discuterle con l’Occidente e la Russia non accettava interferenze esterne in quello che il Cremlino continua a considerare il suo «cortile di casa». In sintesi, ancora oggi siamo al muro contro muro, nessuno dei due belligeranti è disponibile a fare concessioni. La questione centrale è, tuttavia, un’altra. I russi, che abilmente - dal punto di vista diplomatico - hanno isolato la crisi ucraina dai loro rapporti complessivi con l’Amministrazione Trump, hanno la necessità di non rendersi invisi agli occhi del «tycoon» da cui dipende l’efficacia dell’applicazione dell’ultimo pacchetto di dolorose sanzioni europee e vogliono evitare che la Casa Bianca torni alle posizioni di Biden di appoggio a Kiev.
Zelensky, al contrario, ha bisogno di Trump per non perdere il potenziale militare Usa che sostiene lo sforzo bellico ucraino. Concludendo: Putin e Zelensky non desiderano negoziare tra loro, ma vi sono costretti per non irritare Trump. In caso contrario, inizierebbero per loro forti mal di pancia.
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