
(Foto di ansa)
Kherson è una città ucraina strategica. Da lì infatti partono i rifornimenti idrici per la Crimea. Ma è anche la porta d’accesso per un’eventuale presa di Odessa, la «perla del Mar Nero», sistema di sette porti dai quali passa l’80% dell’export nazionale (grano per 400 milioni di persone dal Nord Africa all’Asia, ma anche prodotti minerari).
Chi controlla Odessa non ha solo il dominio della ricchezza del Paese invaso ma acquisisce pure un potere di ricatto su molti Stati del Mediterraneo. Per questo ha destato sorpresa il ritiro delle truppe del Cremlino da Kherson: era nell’aria ma è avvenuto in modo improvviso e veloce. La città è capoluogo di una della quattro regioni annesse a settembre alla Russia dopo i referendum farsa. Kiev ha dubbi sulle reali intenzioni dell’esercito di Mosca. La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha lanciato un messaggio esplicito: «Non abbiamo mai rifiutato di condurre negoziati con l’Ucraina e siamo ancora pronti, tenendo in considerazione la realtà emergente». Il presidente Volodymyr Zelensky martedì scorso, rompendo un tabù degli ultimi mesi, si è detto pronto a trattare con Vladimir Putin ed ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché «costringa la Russia a veri colloqui di pace». Confermando però alcune condizioni irrinunciabili: ritiro russo da tutti i territori occupati, riparazioni per i danni causati dall’invasione e processi per i crimini di guerra.
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