«Il giorno che cambiò la Storia»: così i bergamaschi ricordano l’11 settembre
L’11 settembre, 20 anni dopo. L’attentato alle Torri Gemelle nei ricordi dei lettori de «L’Eco di Bergamo».
Giornalista de L’Eco di Bergamo, ha lavorato prima alla redazione Cronaca Città occupandosi di temi legati al sociale e poi alla redazione Interni ed Esteri realizzando anche numerosi reportage per documentare situazioni di emergenza umanitaria. Dal 2014 cura la rubrica Bergamo senza confini che raccoglie le storie dei bergamaschi che vivono all’estero. Attualmente ricopre il ruolo di vice Caposervizio della redazione Web.
L’11 settembre, 20 anni dopo. L’attentato alle Torri Gemelle nei ricordi dei lettori de «L’Eco di Bergamo».
Da sei mesi ricevono un sostegno concreto, in collaborazione con il Comune. La crisi sanitaria ha sconvolto la vita di molti: «Per noi l’emergenza è diventata economica».
Dall’ospedale Papa Giovanni XXIII il direttore del Dipartimento di Emergenza urgenza e Area critica Luca Lorini, da Seriate Milena Mauri, responsabile dell’Area programmazione e controllo. Un paziente racconta la sua storia e la sua degenza all’Humanitas Gavazzeni.
Dallo storico sindaco dei record di Valtorta, Piero Busi, a un bergamasco d’adozione, il batterista dei Pooh, Stefano d’Orazio. Dal sacerdote degli ultimi, don Fausto Resmini, all’imprenditore del legno e delle navi da crociera, Tino Sana. Il lungo memoriale dei morti di Covid in Bergamasca.
Dalla chiusura del Pronto Soccorso di Alzano al primo lockdown totale. Il silenzio surreale per le strade e la dura battaglia con il virus nelle case dei bergamaschi. Ecco il racconto per immagini tra dolore e memoria.
Si chiama ZeroSprechi, è una app grazie alla quale è possibile donare il cibo che non viene consumato perché non venga sprecato: è il nuovo progetto che mette in campo la città di Bergamo e che punta a realizzare grazie al contributo per lo sviluppo di EY Foundation Onlus, che ha infatti scelto di appoggiare l’iniziativa ZeroSprechi affiancandone il crowdfunding in modo concreto ed efficace.
Nove donne che hanno perso la vita, vittime di femminicidio negli ultimi tre anni. I loro volti e le loro storie per ricordare e perché si faccia qualcosa perché non accada più.
«Un giorno mia madre, dopo aver parlato con alcuni docenti e genitori, mi butta lì: “Riccardo, non è che ti andrebbe di frequentare il quarto anno di scuola superiore all’estero?” Ci ho pensato un attimo e le ho risposto: “Perché no?”».
Il premier Manuel Valls non penserà davvero che una donna - musulmana, cristiana, femminista, occidentale, ammesso che sia possibile omologarla in una sola di queste categorie - possa credergli quando sostiene che il divieto di indossare il burkini è per lui una sorta di battaglia contro «l’asservimento della donna», «incompatibile con i valori della Francia».
Può una tenda da campeggio piantata nel fango diventare la casa dei sogni? Per le famiglie siriane e irachene che in questi tre mesi hanno vissuto nel campo di Idomeni lo è stata per varie e motivate ragioni: in primis perché, al netto della mancanza di cibo, delle condizioni di salute precarie, dell’incertezza sul futuro, era ancorata in un luogo in cui dormire senza temere la raffica notturna d…
«Ogni settimana lavoro otto ore, cinque mi vengono pagate con i voucher, le altre tre non mi vengono retribuite perché sono “nuova del mestiere” e devo imparare»: Luisa lavora in una libreria in Lombardia. Neolaureata, a 22 anni, lavora saltuariamente in una libreria durante i mesi estivi e a settembre quando le richieste aumentano per la scolastica.
Questa volta è stata dura, più dura del solito. Gli occhi e il cuore non reggono più a certe cose. Sarà che questa volta non mi ha aiutato molto a scacciare i fantasmi neanche l’ouzo con ghiaccio con i compagni di viaggio la sera tardi dopo una giornata a Idomeni, il campo profughi non autorizzato più grande d’Europa. Anzi per dirla tutta quell’ouzo mi è proprio andato di traverso. A Idomeni, sul…
Hasam indossa una giacca nera di seta e Mayda porta un velo bianco con dei fiori delicati stampati di rosso e nero. Gli abiti più belli che hanno, quelli del loro matrimonio celebrato quattro mesi fa ad Al Hasaka, in Siria, a duecento chilometri da Raqqa, la capitale del Califfato islamico.
Sulle orme di don Dordi: da Chimbote a Santa Nella Sierra peruviana la delegazione bergamasca ha ripercorso gli ultimi istanti di vita del missionario.
Il primo incarico a Tel Aviv, negli anni della seconda Intifada e degli attentati in Israele, poi il passaggio a Bruxelles come rappresentante dell’Italia al Comitato politico dell’Alleanza atlantica (Nato) dove si è occupato di un progetto di sminamento in Giordania.
Antonino Nielfi è tutor in Storia del design a Canberra. È partito 5 anni fa dopo gli studi umanistici a Bergamo. Ha fondato un portale per i coetanei italiani emigrati.
Un paio di settimane fa il quotidiano inglese «The Guardian» le ha dedicato un’ampia intervista nella sezione Cultura del suo sito Internet e ad aprile è stata invitata a tenere una conferenza al MuseumNext2015, uno dei più importanti eventi dedicati ai professionisti della rete culturale che si è tenuta a Ginevra.
Verrebbe da dire che l’amore per la ricerca li ha fatti incontrare, ma li ha anche portati a vivere in due città, anzi due Stati, anzi due continenti diversi, pur di proseguire i loro studi e il loro impegno professionale.
A 50 anni si può cambiare vita, lavoro e magari anche Paese? La miglior risposta a questa domanda è la storia di Pierattilio Maino, bergamasco oggi 63enne che il 24 dicembre 1999 ha ottenuto il visto permanente per vivere vicino a Fortaleza, in Brasile, dopo mezzo secolo trascorso in Bergamasca, dove era operaio specializzato.
Paolo Fiorina, 47 anni, vive da dieci negli Stati Uniti con moglie e tre figli. È medico e ricercatore alla prestigiosa Harvard medical school di Boston. È partito per l’America grazie a una e-mail inviata a un professore del Transplantation research center del Brigham and Women’s hospital. «Gli ho scritto che volevo lavorare con lui e mi ha risposto: vieni pure».
Loading...