Carnesecchi, eroe omerico che non basta più
IL COMMENTO. L’attacco non crea, la difesa prima o poi la sua frittata la combina. E ha il suo bel da fare il povero Carnesecchi (ancora una volta il migliore) a parare il parabile e anche qualcosa in più.
IL COMMENTO. L’attacco non crea, la difesa prima o poi la sua frittata la combina. E ha il suo bel da fare il povero Carnesecchi (ancora una volta il migliore) a parare il parabile e anche qualcosa in più.
IL COMMENTO. Così brutta da essere persino disarmante. Da guardarla con tale sconforto che non si riesce nemmeno ad arrabbiarsi. L’Atalanta ha scelto il suo volto peggiore per salutare definitivamente il bel sogno che l’ha accompagnata (anzi, che ci ha accompagnati tutti, anche quelli che magari hanno rinunciato a priori a sognare) fino a questo caldo pomeriggio di primavera nello stadio cantie…
IL COMMENTO. Prendete un ragazzo di 15 anni e provate a spiegargli che l’uomo è vissuto per millenni senza smartphone. Farete una fatica tremenda. Poi spiegategli che c’è stata un’epoca (lunga) in cui la Ferrari dominava il Mondiale di Formula 1 e l’Atalanta faceva la spola fra Serie A e Serie B. Forse farete ancora più fatica.
IL COMMENTO. Non chiediamoci perché. E non stiamo nemmeno qui a pensare a come potrebbe essere la classifica con i punti persi in casa con Torino, Cagliari e Venezia. Godiamocela e basta, questa Atalanta che va a trattare la Juve a casa sua, spegnendone le ultime speranze di scudetto e rinvigorendo le proprie, come se fosse il Verona o l’Empoli.
IL COMMENTO. Una siepe che impedisce la visuale sull’orizzonte. E al di là di quella, l’Infinito. Se la cosa non vi suona del tutto originale, avete ragione. Sono gli elementi chiave di una delle liriche più famose di Giacomo Leopardi: dalla sommità del monte Tabor, nella sua Recanati, il poeta immagina quell’infinito che sta oltre, ma che la siepe gli impedisce di vedere.
IL COMMENTO. Si chiama scudetto, è un triangolino con i colori della bandiera italiana che giusto da un secolo (il primo a fregiarsene fu il Genoa, stagione 1924/25) identifica sulla maglia la squadra che vince il campionato. Leggenda vuole sia nato da un’idea di Gabriele D’Annunzio.
IL COMMENTO. Non c’è tempo per guardare indietro, per rimuginare su un passato che è già remoto anche se risale solo a poche ore fa. Non c’è tempo di pensare a come poteva essere la classifica di Serie A se l’Atalanta avesse battuto il Cagliari, alla luce del pareggio del Napoli a Roma con la Lazio e della sconfitta dell’Inter a Torino con la Juventus.
IL COMMENTO. Mateo e la rete, è amore vero. Anche se qualche nube dispettosa si intrufola, di tanto in tanto, per cercare di metterlo alla prova.
L’ANALISI. Volendo ci sarebbe anche spazio per i rimpianti, visto che l’andamento della giornata avrebbe consentito di guadagnare due punti su Napoli e Inter.
IL COMMENTO. Adesso c’è persino il pericolo (tipicamente italiano) che tutto diventi facile e scontato. Perché i trionfi di Jannik Sinner sono ormai permeati di una naturalezza tale che rischiano di uscirne quasi sminuiti, come i baldanzosi avversari via via impallinati dal Nuvola Rossa della Val Pusteria.
IL COMMENTO. La vera sconfitta, adesso, sarebbe dare un peso eccessivo alla sconfitta. Che brucia, perché a stare nell'élite ristretta che finirà per giocarsi lo scudetto avevamo fatto la bocca. Anche chi magari preferiva (e continuerà a preferire) nascondersi dietro la scaramanzia.
IL COMMENTO. Sarebbe stato così anche vincendo a Udine. Però è chiaro che il risultato e soprattutto la prestazione di sabato tratteggiano attorno alla settimana che comincia oggi le sfumature di un punto di svolta per l’Atalanta. Che in cinque giorni affronterà in casa Juventus e Napoli ed è chiamata a dare, ma soprattutto a darsi, delle risposte.
IL COMMENTO. L’orgoglio bergamasco, in queste ore, ha volti così diversi che più diversi non potrebbero essere. Come il giorno e la notte. Meglio, come le nevi americane di Beaver Creek e l’eterna estate nordafricana di Marrakech dove oggi, pare, il termometro arriverà a 26 gradi.
IL COMMENTO. «Voi avete l’orologio, ma noi abbiamo il tempo». In Afghanistan usano questo proverbio per spiegare agli occidentali come mai – attraverso i secoli – nemmeno i più potenti eserciti del mondo siano mai riusciti a sottomettere quella terra povera, ma strategica.
IL COMMENTO. Ormai da diverso tempo, quando la Roma gioca in casa, lo spettacolo finisce con il fischio d’inizio della partita.